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La cultura filosofica di Cambridge e Oxford nella prima metà del XX secolo


Nella prima metà del XX secolo Oxford e Cambridge rappresentavano il centro della filosofia nel mondo di lingua inglese. Alla Cambridge di Russell e Wittgenstein si contrapponeva la Oxford del dibattito tra il neopositivismo di A. Ayer (1910-1989) e la filosofia del linguaggio ordinario di Ryle (1900-1976) e J. L. Austin (1911-1960). Se tradizionalmente Cambridge era platonica, Oxford era aristotelica e Austin, aristotelico nello spirito, era anche curatore delle traduzioni di Aristotele.

Austin era infastidito dalla vaghezza del richiamo all’uso linguistico, di moda tra i seguaci di Wittgenstein. Se gli entomologi classificano migliaia di farfalle, perché non possiamo classificare gli usi linguistici anziché dichiarare che sono infiniti? Austin ha un rapporto ambiguo con Wittgenstein, fonte di influenza profonda ma anche oggetto di critica, e un rapporto critico con il neopositivismo.

I suoi due libri principali, Senso e sensibilia e Come fare cose con le parole criticano due idee chiave del neopositivismo: l’idea che la conoscenza riguarda i dati di senso; l’idea che tutto ciò che c’è da dire sul significato di un enunciato sia fornirne le condizioni di verità o di verificabilità.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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