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Poesie di Giovanni Testori


Testori ha avuto anche un periodo poetico, successivo alla fase dei “segreti di Milano”. Il primo libro di poesie è intitolato “I trionfi”, viene pubblicato nel 1965.
Il tempo e il luogo si trasfigurano nel tempo e nel luogo dell’esperienza umana universale, il racconto – riflessione di una vicenda si trasfigura in una inchiesta sul senso. Le fasi che scandiscono il racconto diventano a loro volta emblemi delle fasi dell’esperienza umana e del mito che, in occidente, le ha dotate di senso. E’ il mito di Cristo, che significa il trionfo della vita attraverso l’amore, la fragilità della materia e quindi la morte, significa il trionfo dell’esistere e del capire il niente, il non senso.
Lo schema è una oscillazione costante che approderà ancora alla bestemmia. Il trionfo è apparente ed illusorio, che da sempre la ripetizione dello scatto iniziale ma rigetta forme turbate e senza pace. Il trionfo definitivo pare essere quello della separazione e della morte.
La domanda sale a Dio da sempre, ma Dio è in silenzio.
Testori utilizza una deformazione delle parole e delle immagini, rette da un gusto dell’orrido e del macabro,il procedere è ellittico, si hanno parole chiave che isolano e martellano immagini archetipe, sollevando il dato biografico in un orizzonte più ampio di significato.  

La raccolta successiva alla prime è “Crocifissione”, dove l’esasperazione è maggiore, si ha una violenza verbale. L’immagine che viene in primo piano è quella del Cristo che sale il calvario ed invade la scena. Qui il dio-uomo è improbabile ed è un vinto.

Subito dopo altre due raccolte: “l’amore” e “per sempre” dove prevale la celebrazione dell’amore. Il dialogo è qui più tenero, i toni sono smorzati, ci sono epiteti e metafore naturali. Nella poesia intitolata “nel tuo sangue” si risolve un diritto interpellare tra l’uomo e dio, una diretta e blasfema provocazione. Dio rimane a lungo sordo e muto, e quando si manifesta lo fa per infierire sull’uomo. L’uomo rifiuta questo Dio, e nel farlo trascina il rifiuto della storia. La necessità di ogni essere si rovescia nel caso, ne deriva la bestemmia del Dio traditore, un Dio che sigilla il marcio. La felicità del corpo si è qui dissolta, resta solo la disperazione di chi sceglie il suicidio.

Tratto da INVITO ALLA LETTURA DI TESTORI di Adriana Morganti
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