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I collegi sacerdotali a Roma


Alla fine del periodo repubblicano e sotto le prime dinastie imperiali, 4 grandi collegi riunivano la maggior parte dei sacerdoti: collegio pontificale (presieduto dal pontefice massimo, composto dai pontefici, dai flamini dal rex sacrorum e dalle vestali); collegio degli auguri; collegio dei decemviri (preposti alla consultazione dei libri sibillini); collegio dei settemviri preposti ai banchetti scari). Accanto a questi collegi esistevano dei sodalizi, più esclusivamente votati a compiti cultuali: i Salii del Palatino, del Quirinale, i Luperici, i Fratelli Arvali, i Sodales Titii. Sotto l’imperi furono via via creati diversi sodalizi dinastici in funzione della divinizzazione dell’imperatore. Le tradizioni romane raccontano che i primi sacerdoti aiutavano il re – magistrati- delle origini a esercitare le funzioni sacre. Con la nascita della repubblica i sacerdoti si sarebbero parzialmente separati dai magistrati, perché avrebbero continuato a esercitare una parte die poteri regi, preclusi ai magistrati della repubblica essendo lo stesso re scomparso o divenuto un semplice sacerdote (rex sacrorum). Di fatto al di fuori dei grandi atti liturgici della res publica, come per esempio i voti, i sacrifici, o le prese degli auspici direttamente legati al governo, i pontefici, i flamini e gli auguri, celebravano i riti del calendario arcaico come se celebrassero un cerimoniale che non competeva i magistrati in carica nella repubblica. Col tempo le funzioni sacerdotali si ampliarono e i sacerdoti dei 4 grandi collegi divennero anche depositari unici del diritto sacro. Le loro decisioni non avevano forza esecutiva a meno che il loro ius non gliene desse preventivamente il potere, ma essi amministravano e comunicavano il diritto sacro ai magistrati e al loro consiglio, il senato. Dai magistrati i sacerdoti si differenziavano dunque per una divisione die compiti rituali e per la competenza giuridica ultima. Poteri sacerdotali dei magistrati erano concessi, così come l’imperium e la potestas dall’elezione popolare seguita dagli auspici d’investitura. Il potere dei sacerdoti aveva un’origine diversa; essi provenivano generalmente dallo stesso ambiente senatorio dei magistrati. I collegi sacerdotali cooptavano i loro membri senza alcun controllo esterno e indipendentemente dai criteri censitari o dalle condizioni d’età che regolavano l’accesso alle magistrature. I sacerdoti esercitavano nel campo religioso dei poteri equivalenti a quelli di un console, pur non essendo tali, e avrebbero conservato il loro incarico a vita. Non disponevano dell’imperium né potevano convocare il popolo o il senato; ma gli auguri avevano il diritto di aggiornare i comizi elettorali nel corso dei quali constatavano segni sfavorevoli; più in generale pontefici, auguri, quindecemviri, anche prescindendo dal ruolo eminente del pontefice massimo, influivano in modo pesante sulla vita pubblica con i loro consigli e le loro opinioni. Dalla metà del III secolo il più importante sacerdote, il pontefice massimo, non veniva più eletto come prima dai soli pontefici ma da un’assemblea speciale che riuniva 17 tribù estratte a sorte; il popolo acquisì in tal modo un diritto di controllo sulla scelta del sacerdote, anche se questo diritto rimaneva limitato, poiché egli doveva essere nominato fra tre pontefici preselezionati dal consiglio pontificale.

Tratto da L'UOMO NELLA SOCIETÀ ROMANA di Alessia Muliere
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