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L'introduzione della catena di montaggio

L'introduzione della catena di montaggio


La catena di montaggio fu introdotta per ridurre i tempi di lavorazione e quindi per produrre di più e quindi per contenere i prezzi dei beni prodotti.
Infatti la razionalizzazione produttiva ebbe come conseguenze il notevole aumento della quantità di beni prodotti e la diminuzione del loro prezzo.
Alla produzione di massa fece seguito il consumo di massa.
Il lavoratore fu così ridotto a esecutore di gesti ripetitivi e rapidi tipici della produzione in serie, divenne in un certo senso servitore piuttosto che utilizzatore della macchina.
Fu così introdotto il cottimo differenziale che consisteva in un sistema retributivo calcolato e diversificato sulla base della quantità del lavoro svolto. Il cottimo contribuì a migliorare i salari, ma al tempo stesso condusse ad accelerare ulteriormente i ritmi di lavoro e talvolta a creare un ambiente di esasperata competizione tra i lavoratori stessi.
Anche l'esiguo potere d'acquisto dei redditi delle masse popolari di inizio secolo rappresentava un ostacolo. L'industria fordista lo superò erogando alti salari e introducendo un servizio sanitario e di prevenzione nelle fabbriche.
I lavoratori si trasformavano da produttori in 'consumatori' del loro stesso prodotto: infatti producevano una merce e percepivano un salario adeguato per comprarla. Le merci prodotte venivano vendute a sempre minor prezzo in forza dell'automazione e della produzione in serie, mettendo così in condizione i 'produttori-consumatori' di acquistarne sempre di più.
I cambiamenti imposti dall'applicazione di questi nuovi schemi organizzativi incontrarono inizialmente la resistenza dei sindacati: alla fine, con un ristretto numero di imprenditori, tra i quali Henry Ford, fu raggiunto un compromesso che prevedeva il riconoscimento ai lavoratori di una parte degli utili derivanti dalla razionalizzazione e dall'intensificazione del lavoro.
Il bene della fabbrica coincide con quello dei suoli lavoratori. Ecco perchè in America non ci sono sindacati. E’ la stessa azienda a tutelare i suoi lavoratori.

Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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