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La geografia secondo la scuola francese


La scuola francese di geografia umana si esprime soprattutto nelle monografie regionali. La regione francese è vista come un individuo, ma al suo interno vengono esaminate le singole regioni storiche considerate come individui depositari di caratteri unici e particolari, dovuti alla loro geografia e storia.
Questo orientamento tende ad enunciare nella regione una gamma vasta e forse eccessiva di soluzioni del rapporto ambiente-società: per ordinarle, si finisce col riportare il discorso ad una gerarchia di fattori, tra quelli possibili, rischiando di tornare al determinismo che si voleva evitare.
Nel mondo britannico le esigenze del grande impero e le difficoltà che esso incontra dopo aver raggiunto il suo culmine nel periodo vittoriano, stimolano soprattutto studi di geografia politica. Questi sono legati in buona parte alle teorie ratzeliane, ma anche ad un’aspirazione pragmatica che mette l’accento più sullo studio delle aree politiche mondiali e delle strutture statali che su quello dell’evoluzione stato-organismo. Il primo tra gli anglosassoni a mettere in rapporto la politica con la geografia è Mackiner. Vi è una correlazione tra le generalizzazioni geografiche e quelle storiche. Considerando la massa continentale principale come un’isola tra gli oceani, egli raffronta sul continente euroasiatico due grandi regioni. La prima è quella centrale e settentrionale, scarsamente connessa con l’oceano, estesa tre volte il Nordamerica, ma in genere favorevole agli spostamenti in quanto pianeggiante. Ad est, sud e ovest c’è invece la seconda regione, un’ampia mezzaluna di terre ben accessibile alle navi. Questa fascia marginale è interrotta in quattro parti, ciascuna delle quali vede il prevalere di una delle maggiori religioni, cioè il cristianesimo, l’islamismo, l’induismo e il buddismo. L’area interna e quella settentrionale della massa continentale, ossia la Russia, costituiscono l’area principale della politica mondiale.

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