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L'educatore e la collaborazione con gli insegnanti


Per essere legittimato a svolgere la funzione di mediazione, capace di incidere sulla posizione relazionale del bambino entro il sistema di interazioni in cui è inserito (aiutando gli insegnanti, se necessario, a variare le proprie strategie educative al fine di coinvolgere l’intera classe in dinamiche maggiormente positive per tutti gli alunni), l’educatore deve avere la possibilità di collocarsi in un macro-contesto esso stesso costruito su basi esplicitamente collaborative tra i soggetti istituzionali in campo.

Gli insegnanti possono tendere ad assumere un atteggiamento di parziale delega all’educatore del trattamento del problema; se questa interpretazione fosse accettata dall’educatore, questi si vedrebbe costretto a rinunciare alla possibilità di operare anche nella direzione di un cambiamento del sistema-classe, al fine di restituire ai docenti l’opportunità di intervenire direttamente rispetto alle difficoltà dell’alunno, e vedrebbe ridursi le strade per operare nella direzione di una reale inclusione scolastica del minore in stato di disagio. Questa asimmetria tenderebbe a trasformare l’educatore in una risorsa degli insegnanti e della scuola, quindi a renderlo, di fatto, una sorta di operatore scolastico, in contrasto con la propria appartenenza istituzionale ai servizi socioeducativi territoriali e in parziale contraddizione con l’incarico ricevuto dagli insegnanti stessi.
Si tratta di partire da quella richiesta di collaborazione per costruire regole condivise di cooperazione e per stabilire alleanze educative. L’educatore, allora, accetta anche di stare fuori dalla classe, di relazionarsi individualmente con il minore, di impegnarsi in prima persona nel trattare il problema del bambino, ma lo fa portando uno sguardo altro, svelando i giochi relazionali del sistema-classe, suggerendo, condividendo con gli insegnanti strategie di intervento rivolte al minore e al gruppo, aiutando a intravedere nuove possibili strade comunicative e cooperative all’interno dell’équipe docente.
Questo approccio non è esente dal provocare resistenze, che occorre conoscere e prevedere nel loro possibile manifestarsi.
Da parte dei bambini può verificarsi un certo disorientamento nel trovarsi di fronte un nuovo insegnante. Negli insegnanti, le principali resistenze possono essere legate al dover modificare prefigurazioni e aspettative rispetto al possibile ruolo dell’educatore in classe, al non sentirsi immediatamente alleggeriti nella gestione del minore con problemi e all’essere chiamati a rimettere mano, con l’educatore, alle proprie strategie di intervento; può farsi strada anche la percezione che il proprio lavoro sia costantemente esposto alle valutazioni dell’educatore e, per suo tramite, a quelle dei servizi.

Tratto da L'EDUCAZIONE DIFFICILE di Anna Bosetti
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