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La formazione ai minori stranieri non accompagnati


L’educatore è chiamato a proporre percorsi di rielaborazione delle esperienze vissute, in modo che il soggetto maturi autoconsapevolezza — e quindi autonomia — di scelta e prospettiva.
La ricostruzione del proprio essere-in- Italia è, per il MSNA, piuttosto complessa in quanto al fattore migrazione si aggiunge l’essere adolescente, fase della vita che si caratterizza per l’esplorazione, nei diversi spazi di vita circostanti, di possibili forme di rappresentazioni di sé.
Il pensiero che presumibilmente deve dominare nel mettere in atto le pratiche educative è quello critico, che nasce dalle domande dell’altro e che rende possibile il configurarsi della relazione educativa come un «processo di crescita creativa che coinvolge sia l’educatore sia l’educando».
Un secondo ambito di possibili oggetti educativi riguarda la prospettiva dell’educazione ai valori socialmente condivisi e alla cittadinanza: si parla di prospettiva in quanto si sottolinea la difficoltà di condivisione e comprensione reciproca tra educatore e MSNA, difficoltà in primis linguistica, ma soprattutto legata a codici culturali talvolta molto distanti dal nostro.
L’apprendimento dell’italiano gioca un ruolo centrale nel migliorare le proprie condizioni di sopravvivenza: quanto più i ragazzi sono in condizione di decifrare il mondo che hanno intorno, tanto più sono in grado di utilizzare delle strategie di uscita dal mondo della strada».
Molti MSNA emigrano con la speranza di guadagnare in tempi brevi la somma necessaria a ripagare i debiti del viaggio e «per inviare alla famiglia nel paese di origine una somma sufficiente a soddisfare le aspettative di riuscita del progetto migratorio; alcuni poi desiderano lavorare per essere autonomi o per raggiungere gli standard di vita occidentali». Contrariamente alle aspettative di un facile inserimento lavorativo, molti minori stranieri giungono in Italia e vengono dirottati nell’obbligo scolastico o formativo, ritrovandosi dietro banchi di scuola con compagni spesso più giovani.

Tratto da L'EDUCAZIONE DIFFICILE di Anna Bosetti
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