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Nodi critici dell'educativa di strada


Diverse derive possono insidiare il lavoro di strada. Si corre il rischio di enfatizzare la dimensione dello “stare con” i gruppi, di puntare tutto sull’autosuffìcienza della relazione. Ciò rende difficile la distinzione tra una relazione tout court e una relazione educativa: si corre il pericolo di rinunciare, nei fatti, ad assumere un vero e proprio mandato educativo, che chiede di inscrivere una relazione sempre e comunque in un contesto dove ci siano un oggetto/messaggio da proporre e una meta trasformativa da perseguire. In una gestione non educativamente avveduta della relazione può generarsi, inoltre, una difficoltà nella distinzione dei ruoli che tende a riprodurre una certa confusività nei rapporti tra adulti e adolescenti e risulta controproducente ai fini della loro crescita.
Le deviazioni possono essere fronteggiate se l’educatore di strada è in grado di riconoscere alcune radici sulle quali fondare la propria azione professionale.
La prima radice è la riflessività. Lavorare in strada richiede una costante e quotidiana interrogazione sul proprio agire e sul proprio ruolo. La possibilità di riflettere e di essere consapevoli della direzione che sta assumendo l’interazione con un gruppo può essere robustamente sostenuta da un’attività di analisi e interpretazione in sede di équipe e di supervisione.
La seconda radice è la creatività. Si tratta della capacità di realizzare un progetto leggendo la situazione e costruendo una strategia congruente, della competenza nell’allestire occasioni per far fare esperienza, per dilatare i campi di possibilità altrui, per l’acquisizione di nuovi apprendimenti.

Tratto da L'EDUCAZIONE DIFFICILE di Anna Bosetti
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