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La figura del mercante nella letteratura antica


La letteratura antica è disseminata di riferimenti alla figura e al mestiere del mercante. Convinzione degli antichi era quella che il mercante falsasse il giusto prezzo, perché lo accresceva senza aggiungere al valore lavoro dell’oggetto nessun lavoro supplementare; era cioè l’intermediario, autore del prezzo più alto del quale approfittava. Il commercio caratterizzava, nei contatti tra i gruppi umani, la misura della distanza e della diversità. L’ethnos diverso era definibile a partire da alcuni difetti irriducibili: astuzia, inganno, frode. I
Fenici e i Cartaginesi restarono sempre i prototipi etnici dei mercanti astuti e spregiudicati. Mirabile esempio di un giusto commercio per gli antichi era il cosiddetto baratto silenzioso, possibile solo ni gruppi primitivi, mentre risulta un‘utopia nell’ambito della polis. Quello del marcante era un mestiere competitivo: il vantaggio
improvviso, la cattura dell’occasione favorevole, l’abilità nel fare della debolezza altrui la propria forza.
L’insidia del mercante si espletava soprattutto nell’inclinazione naturale dell’intelligenza dotata per la previsione: la speculazione sul tempo (il prezzo di vendita che aumentava di giorno in giorno mentre quello di acquisto era già passato) era tutt’uno col monopolio dell’informazione. Il nesso tra tempo e commercio
tendeva ad essere assorbito così dal peso dell’inganno, della ragione astuta dei rapporti fra gli uomini.
Mentre il grande commercio, quello che porta molte cose da ogni luogo, è un’attività dai tempi lunghi, che giustificano il guadagno, e può pertanto essere praticata senza falsità, il piccolo commercio si fonda su un guadagno che è inevitabilmente il frutto dell’inganno (un vincolo che legava lucrus e fraus). Nel sistema romano dei valori sociali il grande commerci non è tra i mestieri sordidi. La figura del mercator è una figura coraggiosa (per i rischi connessi al suo mestiere, ad es. il mercante che affronta il mare, lodato spesso dagli imperatori). Grazie alle iscrizioni, soprattutto funerarie, è possibile recuperare alcuni elementi di autorappresentazione dei mercanti stessi: a) elementi di apprezzamento di alcuni aspetti della funzione mercantile espressi dalla cultura dominante e recepiti dai mercanti; b) capovolgimento delle critiche dei comportamenti mercantili espressi dalla cultura dominante; c) valori peculiari dei ceti coinvolti a vario livello nelle attività commerciali.

Tratto da L'UOMO NELLA SOCIETÀ ROMANA di Alessia Muliere
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