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L'educatore: una figura liquida


La figura dell’educatore professionale è una figura costitutivamente incerta, alle volte quasi sfuggente, costantemente in via di definizione, restia a qualsiasi tentativo di stabilizzazione all’interno di una rassegna esaustiva di compiti e funzioni. Una figura liquida, malgrado i tentativi di descriverla come solida.
Quella dell’educatore è una “debolezza” strutturale, non eliminabile da qualsivoglia riflessione.
Ma è una debolezza essenziale, che rappresenta anche la sua intrinseca forza, se interpretata come una costante apertura di possibilità, una ricerca ininterrotta sul senso dell’agire educativo, una costante messa in discussione del proprio orizzonte di finalità, delle esperienze di vita, degli obiettivi, dell’universo dei soggetti ritenuti destinatari e/o costruttori dell’azione educativa.
L’educatore è incerto perché l’educare è sempre incerto, ma anche perché, oggi, la figura professionale è il risultato di molte assunzioni di responsabilità. E questo sia per il ventaglio di compiti progressivamente attribuiti alla figura (riabilitazione, prevenzione e promozione educativa), sia per i soggetti (individuali, collettivo, comunitari) di riferimento.
Formidabili quegli anni
La condizione di incertezza attuale non è né recente né casuale: è l’instabile risultante di una lunga storia, l’inizio della quale potrebbe essere collocato negli anni sessanta-settanta.
Fino agli inizi degli anni sessanta, infatti, gli educatori professionali potevano essere, in gran parte, individuati nel “personale che lavorava in istituzioni chiuse per l’educazione o la rieducazione dei minori”.
Negli anni sessanta l’educatore contenitivo e correttivo entra in crisi perché quelle convinzioni pedagogiche e pratiche professionali ormai non erano più adeguate a rispondere ai problemi e alle domande educative generate dalla nuova realtà sociale e culturale.
La ricostruzione degli anni immediatamente seguenti la Seconda guerra mondiale prima, e lo sviluppo economico poi, sono stati processi che hanno profondamente modificato lo scenario economico-sociale e i contesti di vita delle persone. In quegli anni inizia a manifestarsi il passaggio da un’assistenza particolaristica, finalizzata a garantire livelli minimi di sopravvivenza ad aree disagiate di popolazione, a servizi rivolti alla generalità dei cittadini, che progressivamente ampliano il proprio campo di attenzione e di azione oltre i bisogni vitali delle persone.
È un processo dovuto anche a decenni di pressione da parte di soggetti rappresentanti di interessi collettivi ( sindacati, gruppi, ecc.).
La crescita e l’accentuarsi della differenziazione nelle società industrializzate avanzate hanno determinato la nascita di diverse specializzazioni educative, che si sono progressivamente affiancate alle funzioni tradizionali dell’insegnante e degli educatori per i ragazzi difficili.
I servizi non sono più concepiti come diretti esclusivamente a quei settori portatori di bisogni specifici ma si estendono all’insieme dei cittadini, con intenti di promozione di benessere oltre che di riduzione del malessere. La ridefinizione dei bisogni e degli obiettivi considerati materia di competenza dei servizi fa emergere compiti educativi nuovi, che superano la pratica dell’esclusione per comprendere percorsi di riabilitazione e di reinserimento, pratiche di prevenzione e sensibilizzazione.
La situazione attuale vede il parziale compimento del processo iniziato negli anni sessanta-settanta. L’educatore professionale interviene verso individui che non dispongono, o non dispongono adeguatamente, di un sistema di appartenenza familiare, lavorativa, scolastica, altresì quando gli interventi di genitori e insegnanti risultino insufficienti o fallimentari.
Anche normativamente, a partire dalla legge di riforma sanitaria degli anni settanta, diventa sempre più presente una figura di operatore che si occupa a tempo pieno dei problemi di evoluzione e sviluppo individuale e sociale incontrati da soggetti in condizione di grave sofferenza fisica o psichica, di isolamento, di emarginazione, di handicap o di svantaggio socio-culturale.
L’educatore professionale è stato sicuramente interessato da un processo di individuazione, ma l’insieme delle abilità e delle competenze sviluppate non è ancora in grado di definire con certezza la sua identità e la specificità del suo ruolo rispetto a quella degli altri operatori.

Tratto da L’EDUCATORE IMPERFETTO di Anna Bosetti
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