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Il lungo armistizio: la Polonia tra le due guerre e il governo Pilsudski

Nel 1919 sul territorio della II Repubblica coesistevano tre differenti ordinamenti giuridico-amministrativi e tre sistemi economici. Era scoppiata la seconda transizione. Pilsudski instaurò un regime autocratico d’orgoglio nazionale. Fu approvata nel ’21 la Costituzione, che faceva dello stato polacco una repubblica presidenziale su base bicamerale (sejm e senat, meno importante). Il presidente della Repubblica era eletto su mandato settennale e deteneva il potere esecutivo, mentre la dieta e il governo svolgevano la funzione legislativa. Era sancita la libertà religiosa ma il cattolicesimo aveva un ruolo privilegiato. Il rapporto tra esecutivo e legislativo era molto a favore del secondo, e questo limitò la governabilità del paese. 
Partiti: Partito Popolare Polacco (PSLW), il Partito Piast, il Partito Popolare Polacco di Sinistra (PSLL), il partito Socialista (PPS), il Partito comunista (KPRP) e nella formazione di destra la Federazione Popolare Nazionale (ZLN). I partiti assunsero posizioni molto diverse circa la futura riforma agraria. Alla fine si stabilì che la proprietà delle aziende sarebbe stata privata e di diverso tipo e grandezza. La realizzazione della riforma fu però penalizzata dall’esiguità dei mezzi finanziari a disposizione, dal cambiamento del quadro politico. Tra il 1918 e il 1922 otto governi si succedettero al potere ma Pilsudski continuava a svolgere un ruolo di primo piano. Alle presidenziali del ’22 fu eletto il candidato di sinistra Narutowicz, detto “l’eletto degli ebrei” o il presidente delle minoranze. La tensione nelle piazze culminò con l’assassinio del neoeletto per mano di un fanatico di destra. Il nuovo eletto (poche settimane dopo) fu il candidato del Partito Piast, Wojciechowski con alla presidenza del Consiglio il generale Sikorski. I nazionalisti polacchi di Lituania ottennero l’annessione allo stato polacco, che prese anche la Galizia orientale. Dal 1923 una profonda crisi economica colpì il paese, portando a una lunga serie di scioperi. Si succedettero vari governi. La diminuzione del potere d’acquisto della moneta e l’aumento dei disoccupati resero ancora più turbolenta la situazione politico-sociale. 
Nel tempo il nazionalismo di Dmowski era diventato più estremo. Egli sembrava favorevole a una rivoluzione nazionale ispirata al fascismo italiano. Nel frattempo i Patti di Locarno del ’25 rappresentavano la tappa conclusiva della politica francese di contenimento tedesco, che non portò però garanzie per le frontiere tra Polonia e Germania. A Varsavia s’interpretò lo “spirito di Locarno” come un cambiamento nell’atteggiamento delle grandi potenze nei confronti della Polonia. Si diffuse nuovamente la sindrome da accerchiamento. Witos presentò il suo terzo governo e fu accusato di aver messo in piedi una dittatura di destra. Pilsudski marciò allora sulla capitale occupandone i punti strategici. Il 14 maggio 1926, l’ingresso del Komendant nella capitale concluse l’esperienza di governo parlamentare dello stato polacco. 
L’ideologia del nuovo regime era la sanacja, il risanamento della vita socio-politica dal parlamentarismo e dalla corruzione e la sostituzione di questi con il senso della patria, della disciplina e della cooperazione. Pilsudski cercò di mantenere un ruolo defilato e perciò rifiutò la carica di presidente tenendo per se le cariche di ministro della guerra e ispettore generale dell’esercito. Il regime della sanacja raccolse molti consensi anche dopo la sferzata autoritaria, questo grazie alla buona congiuntura economica che si era venuta a creare. Nel ’29 il Komendant tentò di imporre alla dieta l’approvazione del bilancio con la presenza in aula di un centinaio di ufficiali, ma il maresciallo della dieta negò l’apertura del dibattito. Nelle piazze sfilarono manifestazioni a sostegno del parlamento e nacque la coalizione d’opposizione Centrolew. La manifestazione organizzata dal Centrolew nel 1930 provocò la caduta del governo. Pilsudski, pur non avendone il potere, sciolse le camere e fissò le elezioni. Il blocco governativo vinse e tra il ’32 e il ’33 si rafforzò ulteriormente l’aspetto autoritario del regime con delle leggi che ridussero la libertà d’associazione e di riunione. La crisi che colpì l’economia mondiale tra ’29 e ’33 ebbe delle durissime conseguenze anche su quella polacca. Pilsudski morì nel ’35 senza eredi designati e dopo la sua morte si misero da parte gli aspetti repressivi e dittatoriali della sua opera per esaltarne solo la rettitudine morale, il senso dello stato e il patriottismo. 4 anni dopo morì anche Dmowski, il principale avversario politico di Pilsudski Negli anni a seguire le minoranze etniche (ebrei, tedeschi, ucraini) non videro migliorare le proprie condizioni. La minoranza ebraica rappresentava allora il 10,4% della popolazione totale. Sul problema dell’identità ebraica e del rapporto con la Polonia, all’interno della comunità erano emerse due fazioni: i sionisti, che auspicavano un ritorno in Palestina, e i folkistes, che volevano affermare la propria identità in Polonia e non altrove. Pilsudski era favorevole ad un ritorno degli ebrei in Palestina. Dal ’37 la tensione tra polacchi ed ebrei polacchi diverrà molto forte.
La posizione della Chiesa cattolica si era rafforzata nei primi anni della riunificazione. I partiti di centro e di destra furono i tradizionali alleati del clero. I preti lasciarono ai politici l’impegno politico e s’impegnarono nella vita sociale. Nel ’25 fu firmato un Concordato tra Polonia e Santa Sede.

Tratto da LA POLONIA di Giulia Dakli
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