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La cura creativa: segno e significato nei musei del 900


La critica postmoderna nei decenni degli anni Ottanta e Novanta ha volutamente azzerato il significato logico della cura critica opponendosi all'azione artistica della sperimentazione. Una delle leggi non scritte della cura critica del postmoderno adulto è stata quella di valutare in eccesso le sue strutture di potere e di controllo nei confronti della creazione artistica. La cura critica ha posto così la sua diversità dalla pura azione creativa
anni Sessanta. Nel progetto di Below Paper vede nascere l'organizzazione di una struttura internazionale significativamente legata da una trama di relazioni, riconducibili a questa situazione. Il percorso "Relazionale" ha sempre osservato queste operazioni legandosi al modello di Kuspit per una critica sperimentale. Da quest'ambito nasce anche Purple Prose e la difficile avventura verso l'evento trance dei Rave elettronici. La sbornia musicale stordisce Parigi 1992-1994 dopo che la città era stato teatro di preziose collettive, la mostra nella Mini Minor verde, la barca ormeggiata alla Biennale, progetti mai del tutto solidali con il progetto relazionale, tuttavia cresciute in quell'ambito con le dovute asserzioni dell'ala radicale, improvvisamente orfana di Eric Colliard. L'esposizione come luogo di riflessione tuttavia non è nella mente di Colliard il solo esempio di trasmissione artistica. Ma sostanzialmente questa artisticità appare più che casualmente e solo in virtù di una continua ricerca etica. Visione che la cura critica non poteva pretendere nel suo stabilizzarsi manageriale, proprio perché essa rimaneva sempre senza commento. Senza significato sottolineava ancora Olivier Zahn, che non sia quello della sua persistente volontà ad essere. Allora la costruzione diviene paradossalmente esclusivo appannaggio dell'artistico confluito volontariamente nell'ambito curatoriale. Nessuna differenza, nessuna ripetizione. Il curatore indica di sapere ma non dice dove conosce, o dove bisogna vedere. Anche in questo caso la forza di far partecipi gli astanti con un atto di volontà, o di "arroganza muta", come si diceva in quegli anni, e che descrive un messaggio d'esistenzialità positiva, affermativa, privato però della necessaria attribuzione di valore. Un'arte frustrata è meglio di nessuna arte, aggiunge ancora June, la mostra programma di Zahn. Non è ipotesi, questa, di differenza nei confronti della "International Strategie" berlinese ideata da Wulffen o dell'azione relazionale parigina: proprio attraverso la collaborazione artistica il curatore tedesco aveva già esposto critica ad arte come parte integrante del percorso artistico. Si chiamava infatti "Parlare d'Arte" il modulo espositivo, realizzato subito dopo gli studi accademici, da Dellbrugge & de Moll. Il tema della produzione, comunque non è pensabile senza la strategia del Logo; proprio nella identità della forma Logo le strategie comunicative dell'arte postmoderna sono state indicate dalla cura "firmata" con una forte intensità evocativa. La firma che essenzialmente giustifica una storia.

Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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