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Contestazione di Berengario a Lanfranco


A proposito dell’oscuro brano di Ambrogio che esprime nel De sacramentasi, dove afferma che il Cristo non solo è in grado di creare dal nulla, ma è anche in grado di operare in modo tale che le cose rimangano come sono e al tempo stesso si trasformino in altro, Berengario conferma le tesi dello Scriptum contra synodum affermando che l’eucaristia non si modifica sostanzialmente ma solo spiritualmente in corpo e sangue. Inoltre a partire dalla terminologia degli Opuscoli teologici di Boezio conferma la tesi secondo cui se si modifica la sostanza, gli accidenti non possono rimanere inalterati. Egli inoltre attribuisce all’eucaristia il carattere di figura e nel far questo cita la Scrittura e Agostino: in questo modo dimostra come l’affermazione “il pane e il vino dopo la consacrazione sono il vero corpo e il vero sangue del Cristo” è un’affermazione che non appartiene alla Chiesa. Egli fa questo perché vuole forzare la discussione rimarcando l’unilateralità delle ragioni ortodosse (come quella di Lanfranco) e mostrare come Lanfranco abbia messo in bocca a lui affermazioni non corrette o cmq poco chiare. Berengario contesta inoltre a Lanfranco il modo in cui ha spezzettato il suo testo per poi esporlo e commentarlo, modo che ha gli ha consentito di accusarlo di incompetenza dialettica. L’affermazione “non ogni affermazione potrà sussistere privata di una sua parte”, principio del sillogismo errato secondo Lanfranco, non va intesa come proposizione particolare, ma come principio universale della permanenza del soggetto nell’enunciato.

Tratto da LA DOTTRINA DEI TEOLOGI di Carlo Cilia
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