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Pensiero logico di Avicenna



La logica di Avicenna poggia, come quella di Aristotele, sulla distinzione del primo oggetto dell’intelletto e il suo secondo oggetto. L’universale è una seconda intenzione, ma Avicenna la concepisce in modo diverso da Aristotele. Per lui ogni nozione universale definisce una realtà mentale che si chiama essenza; ciascuna essenza si distingue per delle proprietà proprie ben definite. Le essenze esprimono esattamente il reale da cui il pensiero le astrae. La conoscenza logica ha una portata fisica e metafisica, perché la generalità degli universali e la loro predicabilità esprime le proprietà fondamentali che ha l’essenza di essere una e medesima. In questa prospettiva va rilevata una distinzione tra ente ed essenza: l’uno è il concretato, l’altra l’astratto. In Avicenna la nozione di essere non è semplice, essa infatti si sdoppia in essere necessario e possibile. L’ente possibile è ciò che esiste di fatto ma che di per se potrebbe anche non esistere poiché non ha in se stesso la ragione del proprio essere ma la trova in una causa che lo ha posto in essere. L’essere necessario è quel essere che esiste di fatto e di diritto.

Tratto da LA FILOSOFIA NEL MEDIOEVO di Carlo Cilia
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