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Unicità dei tipi di intelletti in Averroè



 Tipica di Averroè è la tesi dell’unicità dell’intelletto possibile, il solo a cui spetta l’immortalità: l’intelletto possibile conosce gli universali e quindi non può essere individuale, ma sarà universale (uno per tutta l’umanità). Da ciò si deduce che l’intelletto individuale non è immortale. L’intelletto agente (divino) porta in atto gli universali, che sono in potenza nella fantasia e immaginazione del singolo uomo, la quale essendo sensibile, contiene gli universali solo in potenza; in questa sede gli universali vengono colti dall’intelletto potenziale. In un tale processo è implicata non solo l’esistenza del sapere individuale (la fantasia è individuale), ma anche l’esistenza del sapere universale di tutta l’umanità, racchiuso nell’intelletto possibile, come una sorta di bagaglio di conoscenze che riguarda tutti gli uomini e che cresce in ragione delle sue successive attuazioni. Quando l’intelletto possibile sarà completamente attualizzato dall’intelletto divino, ci sarà la fusione intima dei due, corrispondente all’unione mistica di cui parlano le religioni.
Le resistenze all’aristotelismo averroista: In conseguenza dell’ammissione di un unico intelletto possibile Averroè nega l’immortalità personale e la responsabilità morale individuale nel giudizio post mortem. Queste posizioni, che sono difficili da conciliare con la religione cristiana, suscitarono non poche resistenze all’Aristotelismo, ma anche indussero ad un suo più approfondito ripensamento.

Tratto da LA FILOSOFIA NEL MEDIOEVO di Carlo Cilia
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