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I bombardamenti a Napoli - 13 giugno 1940 -




Il 13 giugno 1940, festa di Sant’Antonio, avvenne il primo bombardamento su Napoli. Molti stavano festeggiando in famiglia un Antonio, un padre, un figlio, un parente. Il suono delle bombe è accostato a quello dei fuochi d’artificio in onore del santo. È dunque la festa del santo, il calendario liturgico, a segnare simbolicamente l’inizio della guerra: la scelta operata dalla memoria ne indica la forza nella cultura di allora. Non esistevano esperienze né linguaggi o rappresentazioni possibili per immaginare ciò che stava accadendo.Solo tre giorni prima Mussolini aveva annunciato per radio l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania.
Ma quando ci furono i bombardamenti il 13 giugno la gente pensava che fossero i fuochi d’artificio per Sant’Antonio e i bambini rimasero per strada perché non avevano mai visto aerei così da vicino.Nella primavera e nell’estate del 1940 la guerra sembrava ancora lontana da Napoli. I bombardamenti di giugno furono poco più che dimostrativi. I giovani erano partiti per il fronte e se l’atmosfera della guerra aveva pervaso le famiglie colpite, pareva tuttavia ancora un conflitto tradizionale, un combattimento fra soldati.Ma già nei mesi precedenti, i comandi militari e le diplomazie inglesi e francesi preparavano la campagna aerea che avrebbe coinvolto la popolazione civile in modi allora impensabili. L’Italia era giudicata un nemico estremamente vulnerabile da pressione dal mare e dal cielo, come blocchi navali e bombardamenti, la sua difesa antiaerea scarsamente sviluppata e il suo tessuto economico fragile perché dipende dalle importazioni per molti beni basilari, come benzina. La distruzione di stabilimenti elettrici e raffinerie avrebbe potuto portare al collasso del potenziale di guerra dell’Italia. Infine la psicologia italiana veniva definita non adatta alla guerra e di conseguenza si reputava che bombardamenti sistematici avrebbero potuto deprimere il morale degli italiani.
Fra gli obiettivi principali ci sono le raffinerie e i depositi di petrolio di Napoli, che sarebbero stati fra i primi ad essere colpiti nell’autunno di quello stesso anno.
La fulminea avanzata dei tedeschi sul suolo francese, la disfatta degli eserciti alleati bloccarono per un po’ l’iniziativa. I raid aerei ricominciarono nell’autunno del 1940 a Napoli. Obiettivi: il porto, le zone industriali di Barra, San Giovanni a Teduccio, Bagnoli, lo stabilimento dell’Alfa Romeo a Pomigliano. Le incursioni continuarono anche a dicembre e gennaio.
La prefettura cercò di contenere le informazioni e di nascondere l’entità dei danni subiti, il numero delle vittime e le dimensioni del lutto. Per tutto il periodo della guerra, anche quando le vittime furono nell’ordine delle centinaia, il silenzio sui bombardamenti, nelle cronache dei giornali napoletani, sarebbe stato quasi totale.
La primavera del 1941 passò relativamente calma, i raid aerei ricominciarono in luglio. Per la prima volta furono coinvolti alcuni quartieri del centro cittadino, in particolare i Quartieri Spagnoli, gli stretti vicoli che da via Roma congiungono il Corso Vittorio Emanuele, dove crollarono palazzi e migliaia di persone perserono la loro casa. Gli informatori riferivano che la popolazione cominciava a dubitare dell’efficienza dell’antiaerea.

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