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Aristotele e Confucio


Nell’ambito della psicologia culturale, fra le diverse prospettive che caratterizzano la grande famiglia delle culture, particolare attenzione ha ricevuto la distinzione fra la prospettiva olistica e quella analitica della conoscenza. La prima affonda le sue radici nell’antica Cina di Confucio, la seconda nella Grecia di Platone e Aristotele. La cultura cinese, fin dall’antichità, è stata caratterizzata dal senso di obbligazione reciproca e dalla concezione collettiva dell’azione in funzione delle aspettative altrui. L’individuo è considerato non a sé stante, ma come una parte inscindibile dell’organismo sociale, e anche l’agire umano è comprensibile solo in quanto flusso convergente delle relazioni sociali. Nell’antichità la civiltà cinese era assai più avanzata di quella greca sul piano tecnologico. La conoscenza non era destinata alla costruzione di teorie scientifiche e modelli astratti, bensì alla sua applicazione pratica. Per Confucio non esiste alcun tipo di conoscenza che non possa essere tradotta in azione. La conoscenza è quindi l’avvio dell’azione e l’azione è il diretto completamento della conoscenza.
Al contrario, nell’antica Grecia prevaleva una prospettiva analitica di pensiero. Il potere conoscitivo era attribuito all’individuo inteso come agente separato e distinto dall’organismo sociale. L’unità di analisi della società era l’individuo (e non il gruppo), e lo Stato ateniese si configurava come un insieme di cittadini, ciascuno dei quali aveva dei diritti inviolabili. I cittadini obbedivano alle leggi da loro stessi approvate. Il concetto di base era la libertà dell’individuo inteso come cittadino (più che suddito), protagonista sociale. In questo contesto, il confronto esplicito e il dibattito aperto nell’agorà costituivano la norma della vita sociale degli ateniesi. In quanto artefice iella propria vita, l’individuo si sente separato dalla natura, che rappresenta una realtà da governare, modificare e piegare ai propri scopi. Il mondo è una realtà da controllare mediante la propria azione.
Da questa impostazione derivava l’esigenza di conoscere il mondo al di là dell’apparenza degli aspetti sensoriali, alla ricerca dileggi astratte e universali. I greci si proponevano, pertanto, di costruire paradigmi teorici in grado di analizzare i fenomeni e di spiegare gli eventi attraverso processi di categorizzazione, regole di generalizzazione e modelli predittivi. In questo modo nacque la scienza come conoscenza oltre i meri dati sensoriali. In effetti, i greci compirono grandi passi in avanti nella fisica, nell’astronomia, nella logica formale, nella geometria assiomatica e nella filosofia.
Nella concezione olistica cinese l’attenzione è diretta al campo (contesto) inteso come totalità e alle relazioni fra un dato oggetto e il campo stesso. In tal modo è più facile comprendere le cause di un evento in quanto generate dalle forze del campo in gioco. La conoscenza si fonda allora sull’esperienza e sulla percezione sensoriale. Essa ha una natura dialettica, poiché pone l’accento sul cambiamento, sull’accoglimento degli aspetti contraddittori della realtà e sull’esigenza di seguire molte prospettive diverse, alla ricerca del percorso di mezzo per conciliare posizioni fra loro opposte.
Al contrario, nella concezione analitica greca si ha la distinzione fra l’oggetto e il contesto. Vi è la tendenza a studiare principalmente gli attributi dell’oggetto per assegnarlo a una categoria e la preferenza a usare regole astratte per spiegare e predire la condotta dell’oggetto. Le inferenze si fondano sulla logica formale, sul principio di non contraddizione e sulla costruzione di modelli governati da leggi astratte e universali. Come conseguenza, tale concezione implica la segmentazione del flusso degli eventi e degli oggetti in categorie discrete, ognuna delle quali è caratterizzata da proprietà specifiche e distintive. L’attenzione precipua sulle proprietà dell’oggetto rende difficile capire le cause dei fenomeni cui va incontro, poiché tali cause sono identificate da proprietà intrinseche. La conoscenza deve andare oltre l’esperienza e i dati sensoriali.

Tratto da LA MENTE MULTICULTURALE di Anna Bosetti
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