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Cultura come mediazione


la cultura si prefigura come luogo e processo di mediazione fra le persone e i loro ambienti. Noi guardiamo il mondo adottando un punto di vista specifico che è, per l’appunto, la nostra cultura. Il rapporto fra il soggetto e l’oggetto (l’ambiente) può essere in certe occasioni diretto e immediato, ma, in generale, tale rapporto è mediato dall’impiego di uno o più artefatti. Gli artefatti sono elementi del mondo materiale assunti nell’azione umana come mezzi e modi per coordinarsi con l’ambiente fisico e sociale. Di per sé, l’attività umana si serve degli artefatti come mezzi per raggiungere i propri scopi; nello stesso tempo, essa dipende ed è vincolata dagli artefatti medesimi.
Si distinguono tre categorie di artefatti: a) artefatti primari sono quelli impiegati direttamente per l’attività umana: essi consistono in strumenti e dispositivi che i soggetti di una data comunità usano abitualmente per interagire fra di loro e con l’ambiente (dal martello ai nuovi mezzi di comunicazione) e costituiscono la «cultura materiale»; b) artefatti secondari sono le rappresentazioni mentali degli artefatti primari e dei modi di azione a essi associati: consistono in modelli mentali e simboli, intesi sia come schemi cognitivi impiegati per rappresentare gli oggetti sia come aspetti più astratti (norme, credenze, ecc.) presenti nell’interazione sociale e costituiscono la «cultura ideale»; c) artefatti terziari servono a costruire il mondo dell’immaginazione e della fantasia nell’ambito del gioco e nell’arena del non pratico; rientrano in questo ambito i diversi fenomeni e processi artistici nelle loro diverse espressioni creative; qui siamo in presenza della «cultura espressiva».
Gli artefatti, prodotti dagli esseri umani, occupano una posizione di mediazione fra loro e l’ambiente, poiché la cultura organizza l’uso di questi mezzi in attività specifiche. La mediazione è un processo attivo che contribuisce in modo rilevante a organizzare, gestire e controllare le attività e le interazioni fra le persone. Infatti, gli artefatti vanno intesi come convenzioni e costituiscono pratiche sociali che si trovano, nello stesso tempo, sia all’interno della mente sia all’esterno nel contesto pubblico. Essi giocano un ruolo essenziale nel dare forma all’azione, ma non la determinano in modo automatico: gli artefatti esercitano la loro efficacia solo quando le persone h usano in modo appropriato.
Grazie agli artefatti il rapporto fra soggetto e ambiente è reso culturale. La presenza di un’azione mediata, tuttavia, non significa che il percorso di mediazione sostituisca quello naturale, così come la comparsa della cultura nell’evoluzione non vuol dire che la cultura sostituisca l’evoluzione stessa. Il soggetto mantiene una serie di azioni dirette, come stare con i piedi per terra e guardare l’albero mentre lo colpisce con l’ascia, ma l’incorporazione di artefatti nell’attività crea una nuova relazione fra organismo e ambiente, relazione in cui il culturale (ciò che è mediato) e il naturale (ciò che è immediato) operano in modo sinergico.
Come esito di questa condizione si crea un’interdipendenza costante fra le possibilità di una data azione, l’impiego appropriato degli strumenti attualmente a disposizione, il loro continuo miglioramento e l’invenzione di nuovi strumenti che vengono ad aumentare le potenzialità dell’azione medesima. Su tale interdipendenza si fonda il progresso della tecnologia, che costituisce un fattore non secondario di evoluzione delle singole culture, a qualunque livello si collochino.
La mediazione svolta dalla cultura è universale e trasversale in quanto investe tutti gli ambiti dell’esistenza umana, da quelli alimentari a quelli medici e biologici, a quelli religiosi e politici, sociali, ludici e artistici. Essa ci fornisce dispositivi ovvi, scontati e automatici per capire e gestire la realtà. La cultura appare quindi come una lente incorporata in noi. Si tratta di una lente di cui non ci rendiamo conto fino a quando non incontriamo culture di altre comunità che fanno riferimento ad artefatti diversi.

Tratto da LA MENTE MULTICULTURALE di Anna Bosetti
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