Skip to content

Il soggetto cinematografico


Una volta chiarita l’idea drammatica dal principio alla fine (salvo poche eccezioni, è sconsigliabile iniziare a scrivere una storia se non si sa come concluderla), lo sceneggiatore comincia a stendere il soggetto. Il soggetto è la storia sotto forma di breve racconto letterario, e deve contenere indicazioni sintetiche ed esaustive sugli elementi necessari della vicenda: il protagonista e i personaggi principali; la localizzazione spazio-temporale, l’inizio, il centro e la fine della storia.

La lunghezza di un soggetto può andare dalle tre alle dieci cartelle, ma per Syd Field la misura ottimale è di quattro cartelle, così distribuite: una cartella e mezza per il primo atto (mezza pagina per la scena di apertura, mezza per l’azione generale, mezza per il primo colpo di scena); una cartella per il secondo atto, lo sviluppo della storia (mezza per l’azione e mezza per il secondo colpo di scena); una cartella per il terzo atto, la risoluzione.

Field è fin troppo dettagliato, ma tale suddivisione ha lo scopo di evitare ciò che Cerami chiama “effetto uomo Michelin”: un racconto sproporzionato come il pupazzetto, in cui ci si dilunga troppo su una singola situazione o su particolari accessori, dimenticando la linea d’azione principale.

Occorre permettere al lettore di farsi subito un’idea della storia, deve balzare agli occhi lo story-concept. L’intreccio deve essere semplificato, i personaggi ridotti al minimo, la scrittura semplice e coinvolgente. Si può scrivere al presente o al passato: il primo si adatta meglio ai film d’azione, il passato alle sfere d’atmosfera. Il soggetto può essere tratto da fonti diverse: se è tratto da opere letterarie preesistenti si dice derivato; originale se è stato pensato e scritto per il grande schermo.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.