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Il dibattito sull'espansione territoriale (XVI - XVII)


Si fa strada anche l'idea, un po' spinta, che sia stata la natura stessa a dedicare all'uomo nuove terre in un momento in cui per molti anche i fabbisogni minimi erano ininsoddisfabili. Il marchese di Chastellux disse che il mondo si basava su una rapida rotazione che attraeva verso il centro tutti coloro che fossero stati capaci di soddisfare i loro bisogni e all'esterno tutti coloro che erano alla ricerca dell'autosufficienza. Era parecchio diffusa l'idea che l'Europa avesse parecchia gente superflua, facilmente e doverosamente esportabile poiché la grandezza degli Stati dipendeva dal numero e dalla qualità dei loro abitanti. Spostare masse di persone “superflue” significava alleggerire positivamente la Madre Patria. Ma non tutti erano d'accordo. James Harrington, ad esempio, disse che così si rischiava di spogliare la nazione. Giovanni Botero disse che la Spagna stava inviando in America non il superfluo, non il sangue soverchio ma parte del più sano e più sincero. La continua emorragia demografica metteva in pericolo la Madre Patria e le colonie stesse che se erano riuscite a sottomettere gli indigeni era stato possibile solo per la loro superiorità tecnologica ma una conquista capillare avrebbe dovuto basarsi su una risposta demografica molto più alta: la Spagna privandosi della possibilità di incrementare la popolazione da spedire commetteva un grave errore.
Il troppo stroppia
Il problema della popolazione non era il solo a preoccupare il dibattito sull'espansione. Più seria era l'eventualità che una eccessiva ricchezza portasse a dissolvere la solidità politica e materiale della Madre Patria, i suoi valori etici e la sua finale annessione da parte dello stesso impero da essa creato. Se infatti tutte le volte che un nuovo territorio veniva conquistato l'impero doveva modificare la sua struttura ogni volta in in modo non del tutto chiaro, la perdita o il declino di una sola parte di esso avrebbe condannato la sua interezza. Non è fuori luogo il paragone tra la situazione politica europea tra XVI e XVII secolo e il racconto della spedizione romana in Siria di Tito Livio, dove Antioco, re dei siriani, manda a Cornelio Scipione l'ambasciatore Eraclide di Bisanzio che lo ammonisce di lasciare i confini dell'impero romano come erano allora, poiché una estensione superiore lo avrebbe condannato al crollo. I regnanti d'Europa si rivelarono pian piano più accorti di Scipione comprendendo come i conglomerati più grandi sono sempre destinati a crollare, come il sogno della monarchia universale era in realtà un incubo da cui fuggire.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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