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Le conseguenze dell'espansione teritoriale

Le conseguenze dell'espansione teritoriale



Mantenere queste aggregazioni richiedeva ai governi un aggiustamento continuo tra fattori interni ed esterni. L'espansione a sua volta implicava l'accresciuta dimensione e i problemi logistici e amministrativi che comportava, specie negli Stati della prima età moderna, nei quali le comunicazioni erano sempre lente e scarse. Implicava poi che ad ogni territorio inglobato si modificasse la forma dell'ordine complessivo. Gli imperi, in particolare quelli d'oltremare, non potevano essere retti, come molti governi d'Europa cercarono di fare, come fossero solo delle province della madrepatria. Come diceva Botero, “il territorio si acquisisce poco alla volta ma deve essere preservato insieme come un tutto”. Questo aforisma divenne la chiave di volta per capire come arginare la parabola inevitabile di ogni impero esteso dal momento in cui gli invasori lasciavano la madrepatria al crollo della madrepatria stessa.  Molte monarchie tentarono dunque di arginare l'espansione coloniale. Colbert, ad esempio, si oppose ad Jean Talon e alla sua proposta di allargare i confini francesi fino al Messico e oltre. La Spagna decretò nel 1680 che si sospendessero tutti i processi espansivi se prima i territori già conquistati non fossero stati abbondantemente popolati e pacificati. L'Inghilterra nel 1763 stabilì che i confini  occidentali delle colonie dovessero fermarsi agli Appalachi.  La tragedia non era solo capire quando fermarsi, ma il non potere fermarsi! Lo spirito di conquista, come spiegava Pedro Rodriguèz Campomanes nel 1775, ministro riformatore di Carlo III, era il principio base di ogni impero e rendeva di necessità ciechi gli uomini riguardo al fatto lampante che ogni Stato aveva dei limiti di natura posti alla sua espansione territoriale.  Anche Botero non era in grado di dare una spiegazione cogente di come potere fermare il processo di espansione. Benjamin Constant disse che tutti gli imperi erano stati creati sulla base di un semplice miraggio di gloria militare e a causa della natura delle loro origini tutti gli imperi europei avevano generato o contribuito ad alimentare culture politiche con una marcata tendenza alla tirannia e alla repressione. Gli imperi si facevano coinvolgere dalla loro naturale bramosia e l'immobilità spaziale e temporale non era una né per gli individui né per gli Stati.  Josiah Tucker chiosò dicendo che lo spirito eroico e il desiderio di gloria accrescono esponenzialmente solo il raggio di desideri e voglie artificiali degli imperialisti, e così facendo fanno defluire lo spirito di industria dalla madrepatria. I vincitori nel sopraffare gli altri stavano solo preparando una più magnifica tomba per la loro sepoltura.
Insomma non era possibile che gli imperi evolvessero in regimi dediti alla conservazione senza che diventassero nello stesso tempo un altro tipo di società. Ciò avrebbe richiesto un mutamento enorme, quello della coscienza che aveva di sé la società intera. Mutare la natura di un impero senza un nuovo orientamento della cultura politica avrebbe significato il crollo di ogni cosa come era accaduto alla Spagna del Seicento che pur tentando di frenare l'espansione lo aveva fatto dimenticando il coraggio e la solidità che prima l'aveva portata ad espandersi. Coloro che furono artefici della creazione di imperi necessitavano, per difenderli e consolidarli, di virtù politiche diverse e un differente concetto del carattere degli Stati che erano chiamati a governare. Ma uno stato prudente, come un tranquillo fiume, non è mai preferito dal popolo rispetto ad un pericoloso torrente. E la Spagna, come disse Pedro Fernandèz Navarrete, fu “costretta” dalla sua stessa reputazione a continuare in senso espansionistico. E così fu anche per l'Inghilterra.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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