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Nascita della Chiesa Anglicana

 

La chiesa anglicana invece nasce non da tensioni riformistiche né da fermenti rivoluzionari ma da un atto che si potrebbe definire amministrativo, semplice in forma e sostanza: l’Atto di Supremazia con il quale nel 1534 Enrico VIII con il consenso del parlamento si proclamò capo supremo della chiesa anglicana. 

C’era un rigoroso rispetto dell’ortodossia cattolica che lo avvicinava a Erasmo e Tommaso Moro; ma dell’erasmianesimo la società civile inglese condivideva anche una certa ostilità nei confronti di un papato e di una curia romana che non era in grado di porre fine alla corruzione e alla mondanità della chiesa e che dall’altro pretendeva un’eccessiva ingerenza negli affari nazionali impedendo la ricerca di soluzioni più autonome di riforma. L’ostilità alla curia romana derivava anche dai numerosi interessi che gravitavano intorno a benefici e proprietà ecclesiastiche. L’occasione per gettare le basi di una via nazionale alla riforma si presentò a Enrico VIII con il rifiuto opposto dal papa Clemente VII all’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona richiesto dal sovrano nel 1527 per sposare Anna Bolena. Una dichiarazione della camera dei Lords nel 1531 in risposta a un ulteriore rifiuto papale sulla questione dell’annullamento indicava la strada da percorrere “noi riconosciamo che sua maestà e il solo e supremo signore sino a quando la legge di Cristo lo permetterà, il Capo supremo della chiesa e del clero d’Inghilterra.
La volontà del sovrano che mirava il più possibile a mantenere la chiesa anglicana nella sua dimensione originaria  anche sotto il profilo dottrinale e quella degli elementi riformisti di tendenze luterana come Cranmer e Cromwell si composero secondo altalenanti vicende in una politica tesa alla salvaguardia delle posizioni raggiunte. Solo lentamente la chiesa anglicana si trasformò in un’entità diversa rispetto all’originaria chiesa cattolica e nuova rispetto alle chiese riformate dell’Europa continentale. Enrico VIII si avvicinò ai protestanti in seguito alla minaccia rappresentata dal tentativo di Papa Paolo III di scatenargli contro un’improbabile alleanza tra Carlo V e Francesco I. un sinodo della chiesa anglicana adottò nel 1536 una confessione di fede in 10 articoli che ben evidenziava gli sforzi di mediazione e il grado di compromesso raggiunto: conservazione di 3 sacramenti 8battesimo, penitenza ed eucarestia) al posto dei 7 tradizionali di cui Enrico si era fatto difensore ; conservazione del rito cattolico e delle immagini di cui veniva proibita l’adorazione; conservazione delle pratiche devozionali ai santi; abolizione delle indulgenze; insegnamento della dottrina della giustificazione per sola fede. Gli ultimi anni di Enrico VIII conobbero un nuovo irrigidimento delle posizioni in senso antiluterano e videro il riaffermarsi di elementi formali del cattolicesimo tradizionale quali il culto della Vergine e dei santi, la proibizione del matrimonio per i preti, la proibizione della lettura individuale della Bibbia. 2 giorni dopo l’esecuzione capitale dell’antico alleato Cromwell vennero condotti al patibolo 3 preti rei di aver attaccato l’onnipotenza e 3 protestanti rei di aver attaccato la fede cattolica. Il figlio Edoardo VI rafforzò i risultati raggiunti con l’introduzione del “libro delle preghiere comuni”, reso obbligatorio con l’atto di uniformità” che fissava la liturgia anglicana secondo un orientamento nuovamente luterano. Ma in parte del clero si stavano diffondendo le idee calviniste più consone all’attivismo borghese. La necessità di una riforma si fece più viva dopo le rivolte scoppiate nel Norfolk e nell’Inghilterra sud-occidentale in difesa del cattolicesimo e contro le enclosures che favorivano l’emergente ceto della gentry. Lo stesso Cranmer stava maturando posizioni che gli fecero intravedere nella riforma indicata da Calvino la via per la riforma anglicana.
 La pausa quinquennale contraddistinta dal tentativo di riscossa cattolica di Maria Tudor fu solo tale. Nonostante la riconciliazione con la chiesa di Roma e l’uccisione di centinaia di eretici, i termini dell’alleanza tra interessi pubblici e privati, tra società politica e civile non mutarono. Alla sua morte la spregiudicata illegittima ed eretica Elisabetta I comprese l’importante funzione che la chiesa anglicana assolveva nella mediazione di tali interessi e nella conservazione e nel rafforzamento di quella alleanza. Ci volevano ancora alcuni aggiustamenti per far si che la mediazione fosse efficace. Con i 39 articoli, Elisabetta I dotava di un impianto teologico dottrinale di chiara matrice calvinista la chiesa anglicana fissandone definitivamente la regola valida ancora oggi

Tratto da LA NUOVA SPIRITUALITÀ DELL'ETÀ MODERNA di Filippo Amelotti
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