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McLuhan sulla pubblicità



Il mezzo è il messaggio vuol dire che mentre il mezzo assume importanza, i contenuti del messaggio sono sempre più intercambiabili; si va incontro ad un appiattimento dei contenuti a vantaggio dei mezzi di comunicazione di massa.
Vi è la tendenza a creare richiami pubblicitari che corrispondono sempre più alle motivazioni e i desideri del pubblico: aumentando la partecipazione, diminuisce così l’importanza del prodotto in sé. La pubblicità sembra basarsi sul principio secondo il quale la più piccola unità modulare, se ripetuta in modo rumoroso e ridondante, finirà per imporsi; ciò corrisponde alle tecniche del lavaggio del cervello, e può darsi che la ragione di tutto questo sia proprio l’assalto all’inconscio. McLuhan sostiene che, se si presta coscientemente attenzione ai messaggi pubblicitari, molti di questi risultano ridicoli; ne deduce che questi annunci non sono destinati a una fruizione cosciente, ma sono pillole subliminali per il nostro subconscio, a un livello di semi-consapevolezza. La loro esistenza è una testimonianza della situazione di sonnambulismo di una metropoli stanca.
Dopo la seconda guerra mondiale, un ufficiale dell’esercito americano abituato alla pubblicità notò che gli italiani sapevano i nomi dei loro ministri, ma non quelli dei prodotti preferiti dai loro connazionali; inoltre notò che lo spazio murario delle città italiane era occupato più da slogan politici che da annunci commerciali. Predisse allora che gli italiani difficilmente sarebbero arrivati a una forma di prosperità o tranquillità fin quando non avessero cominciato a interessarsi, anziché delle capacità degli uomini pubblici, delle diverse marche di dentifricio o di spaghetti. Qualsiasi comunità che vuole accelerare e aumentare lo scambio di prodotti o servizi deve omogeneizzare la sua vita sociale; la pubblicità, invece di presentare una tesi o una prospettiva personale, offre un sistema di vita che è per tutti o per nessuno.
Secondo McLuhan i critici della pubblicità, gli apocalittici, si comportano in modo sbagliato: coloro che passano la vita a protestare, infatti, “sono una manna per i pubblicitari, come lo sono gli astemi per i birrai o i censori per i produttori cinematografici; nessuno applaude meglio di chi protesta”. Si deve cercare invece di entrare nei processi, al fine di orientarli.

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