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Pubblicità e modernità


La nascita della pubblicità si fa comunemente risalire agli ultimi decenni dell’ottocento; solo a partire dai primi decenni del ‘900 però compaiono gli strumenti che permettono di superare l’ambito locale del commercio e della comunicazione, ampliando le possibilità di circolazione di beni e messaggi. Le vetrine dei negozi (celebri i “passages” parigini), le esposizioni universali, i cataloghi per corrispondenza permettono la nascita delle prime marche aziendali; nel 1904, dopo la nascita nel 1895 del cinematografo dei fratelli Lumiére, viene creato il primo spot, un filmato sullo champagne Moet & Chandon.
La nascita della pubblicità però non può essere compresa se non si mette in relazione con un altro grande fenomeno, che si sviluppa nello stesso periodo: la nascita della moda; questa viene fatta risalire al 1857, con l’apertura del primo atelier in Francia. Walter Benjamin sostiene che la moda è apotropaica: esorcizza la morte diffondendo il nuovo, ciò che è appena nato, proprio come la pubblicità, che lo fa praticando la religione del nuovo a tutti i costi. {Leopardi, invece, un secolo prima aveva scritto che la moda e la morte sono sorelle, in quanto figlie della caducità: come la morte elimina i viventi, così la moda trasforma gli abiti.} La produzione artistica è esclusa da queste dinamiche, perché i suoi ritmi risalgono a un tempo lontano e sono lontani dalla velocità del capitalismo; fanno eccezione le avanguardie storiche (citare il futurismo italiano, russo ecc). Il primo tentativo di commistione tra pubblicità e arte è del 1886, con il quadro Bubbles di Millais; successivamente ricordiamo Chéret, Toulouse-Lautrec, Mucha, Dudovich, Cappiello…

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