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La concezione dell’Impero in Guglielmo d’Ockham


7.31 Ockham privilegia l’impero per la sua universalità e il suo carattere sovranazionale che permette di raggiungere pace e giustizia, presupposti fondamentali per perseguire i fini individuali, che hanno carattere utilitaristico, e non più puramente intellettuale come per Dante. È, quindi, un potere super partes, capace di assicurare la legalità e tutelare le autonomie locali (sul modello dell’Impero romano, che amministrava lo Stato nell’interesse di tutti e nel rispetto dei diritti e delle libertà di tutti). Soprattutto, l’unità che si vuole dare all’umanità non soffoca mai l’individualità e la libertà dell’individuo, che è sempre tutelata all’interno di un tessuto sociale molto articolato.

7.33 Ockham non dà una definizione del potere imperiale, che pure appoggia: gli interessa di più definire i limiti capaci di garantire l’espressione dell’individuo, limiti che sono applicabili anche al potere spirituale (nel suo controllo dell’esistenza e dell’essenza dell’individuo), ma che il Papa ha superato, divenendo un “tiranno”. Tuttavia, il potere spirituale può avere la funzione, a volte, di contrastare il potere temporale, creando un dualismo che dà maggiori garanzie alla libertà. Ma per evitare che il potere spirituale vada oltre i suoi limiti, è necessario che il governo ecclesiastico sia espressione di un concilio generale di tutta la cristianità, in cui siano rappresentati tutti i corpi che fanno parte della Chiesa. Anche le donne devono trovarvi rappresentanza, in virtù del loro ruolo all’interno della Chiesa.

Tratto da LA SOCIETÀ APERTA E I SUOI AMICI di Luca Porcella
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