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La crisi della repubblica romana


4.36 Per quanto riguarda le forme di governo, Montesquieu afferma che bisogna considerare, nel valutare un governo, se esso corrisponda agli scopi che coloro che ne sono responsabili si sono preposti. Per questo, non si può screditare il governo romano, definito “misto”, da alcuni in senso spregiativo. È misto, tra l’altro, come la religione dei Romani, tant’è che egli individua proprio nel binomio religiosità-saldezza la chiave della lunga sopravvivenza della Repubblica.

4.37 La crisi della Repubblica fu lunga. Venne meno la certezza del diritto, tutto fu in dubbio, venne meno l’aristocrazia, il popolo, non più temperato dal Senato, eleggeva i sovrani più corrotti, convinti che potessero fare la felicità di tutti. I veri disastri, secondo Montesquieu, si realizzano quando si operano cambiamenti repentini: per questo è necessario, in ogni caso, tener conto della tradizione. Inoltre, evidenzia, in parte in linea con Machiavelli, l’importanza di ben considerare le cause degli eventi nella loro connessione, poiché è dall’ignoranza che nascono i disastri (riflessione sulla fortuna).

4.39 Montesquieu attua una sorta di analisi comparata al fine di giudicare il presente in base all’insegnamento del passato, e per evitare di ricadere negli stessi errori già compiuti dagli antichi. Questi paragoni lo portano a giudicare positivamente repubbliche moderne come la Svizzera e l’Olanda, capaci di evitare la degenerazione, attraverso il rispetto della sfera interiore degli individui. Riprende, così, la riflessione sulla tolleranza già propria di Locke.

4.40 La storia è un manifestarsi di grandi eventi imprevisti: tutto ha una causa, ma a volte è estremamente difficile analizzarla, magari perché si intreccia con altre concause non facilmente riconoscibili. Solo un governo che parte da questi presupposti può realizzare un ordine fondato sulla libertà. Sono questi i fondamenti della scienza della società di Montesquieu, basata sulla natura umana considerata nella sua concretezza.

4.41 Le leggi non dipendono dal caso, ma sono il frutto di rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose, quindi denotano una certa intelligenza e volontà insita in esse. Il popolo, nella Repubblica, è libero di fare quello che può ben fare, e ciò che non può ben fare deve essere fatto per il tramite dei suoi rappresentanti: il popolo è sovrano, ma per alcuni ambiti deve delegare il suo potere, cosicché riappare la concezione aristocratica che accompagna il liberalismo di Montesquieu. È necessario, in alcuni casi, che a deliberare sia un organismo ristretto, o ancora meglio, che la legge venga prima “provata”, come a Roma: le ordinanze del Senato, prima di divenire leggi per volontà del popolo, entravano in vigore in prova per un anno.

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