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La politica illuminista in Italia

In Italia, il movimento illuminista ebbe da affrontare due problemi: da un lato rappresentato dalla frammentazione politica e alla dipendenza della maggioranza dei governi dalle corti straniere, Madrid e Vienna, l’altro problema era rappresentato da un radicalismo profondo, intellettuale ma anche sociale, giuridico, istituzionale della Chiesa cattolica.

Gli intellettuali ed èlites politiche erano d’accordo sul disegno di modernizzare gli Stati italiani sottraendo spazi della vita pubblica all’influenza e al controllo del clero e del papato.

Muratori ebbe un enorme successo in Italia e in tutta Europa con un Illuminismo politico che non rompeva i rapporti con il cattolicesimo ma gli assegnava una funzione morale, il libro di Muratori “ Della pubblica felicità, oggetto de’ buoni principi” (1749) disegnava un programma di riforme che fu avviato dai vari sovrani italiani nei decenni a venire.
Gli illuministi italiani si sforzarono ad aprire un dialogo con il potere politico, sino a sollecitare e ricevere incarichi amministrativi di rilievo.

Genovesi era interessato ad attuare le riforme empiriche, cioè si fece promotore di uno svecchiamento della cultura napoletana. Il fine era creare nel regno una nuova classe dirigente, sensibile al tema delle scienze utili, delle conoscenze pratiche da applicare per il benessere generale. Il programma di Genovesi, insomma, mirava al rinnovamento generale della cultura e delle istituzioni.

Lo spirito di riforma avviato da Genovesi trova la sua sistemazione teorica più ampia e articolata nell’opera “Scienza della legislazione” di Filangieri, che fu l’opera più significativa dell’Illuminismo politico meridionale. Questa riforma comprendeva: uguaglianza davanti la legge, una più graduale distribuzione di ricchezze, il ruolo centrale dell’educazione laica statale, libertà di stampa.
Anche a Milano, il tema centrale era rappresentato dal rapporto tra il nuovo nucleo di intellettuali e il governo, per elaborare e realizzare progetti di riforma della società e delle istituzioni. Tutto questo intorno alla rivista “ Il caffè” (1746- 1766) e al suo creatore Pietro Verri, il gruppo si raccolse per rinnovare la politica lombarda. Il tema più noto affrontato dagli uomini del “caffè” fu la riforma del diritto penale propugnata da Cesare Beccaria, in “Dei delitti e delle pene” (1764) e il suo appello per l’abolizione della pena di morte e della tortura.

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