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Vercelli e Messina, due realtà a confronto


Ma le due realtà differiscono per elementi molto significativi.
Il comune stabilisce in modo diretto, con i signori territoriali o con altri Comuni, un rapporto sinallagmatico, mentre nel caso messinese tale rapporto non esiste e i messinesi non hanno obbligo di prestazione militare al re. Lo strumento del feudo ligio funziona dunque diversamente a seconda di dove viene utilizzato: nel Regnum anche quando è usato dal sovrano a favore di una universitas demaniale, diviene elemento disgregante di una monarchia nata con forti tendenze accentratrici che affonda le radici nella concezione maiestatica di stampo romano – bizantino, da poco riscoperta.  Questo diploma di Enrico VI deve allora essere spiegato alla luce di due ordini di considerazioni. La prima considerazione riguarda la diversità culturale dell'imperatore germanico che se sul piano politico rivendicava l'assolutezza del proprio potere, era comunque privo di quel necessario bisogno di razionalità costruttiva da cui era stata animata la monarchia normanna. La seconda considerazione attiene alle contingenze nelle quali l'atto viene emanato, questo perché lo svevo Enrico aveva iniziato la sua marcia verso la Sicilia nel 1194, rivendicandone il possesso a nome della moglie Costanza d'Altavilla, ma in Sicilia rimanevano la vedova di Tancredi e il piccolo Guglielmo III, attorno ai quali poteva raccogliersi una pericolosa resistenza filo normanna. Un passaggio rapido e sicuro nell'isola era dunque necessario e a tal fine il controllo del centro messinese era fondamentale. L'imperatore dunque probabilmente aveva già preso contatto con gli oppositori mentre si trovava in Calabria, prendendo accordi e rilasciando privilegi pari alla posta in gioco. I messinesi portarono avanti la ribellione così bene che Enrico, giunto in Sicilia, non dovette far nulla se non avanzare verso Palermo, toccando però Catania e Siracusa; un percorso curiosamente tortuoso che però coincide non a caso con la direttrice meridionale dell'espansione messinese concessa loro dall'imperatore. Qual era il gruppo che si era schierato con l'ammiraglio Margarito da Brindisi contro Enrico VI? Non abbiamo molti nomi ma possiamo ipotizzare che i due schieramenti non fossero divisi da problemi di classe sociale bensì da rivalità tra fazioni e clan, considerato anche che quest'epoca non conosce veri e propri scontri di classe.
L'impressione complessiva è che il documento tenda alla tutela degli interessi dei ceti medi mercantili, abbastanza eccentrici rispetto alle aspirazioni e alle esigenze dei gruppi che avevano esercitato il potere attraverso le magistrature locali e l'esercizio delle attività militari.

Tratto da LA VALLE D'AGRÒ di Gherardo Fabretti
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