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Dai modelli teorici alle pratiche scolastiche


La ricerca pedagogica a partire dalle diverse concezioni educative ha proposto continuamente nuovi concetti di valutazione, nuove definizioni della sua funzione e dei suoi caratteri, nuovi criteri e metodi per le procedure valutative.
La necessità della scuola di attuare pratiche valutative e di attenersi alle direttive centrali in tema di valutazione hanno portato a privilegiare il problema del come valutare e come esprimere e comunicare il giudizio a scapito di una riflessione critica sul significato e il ruolo della valutazione nei processi educativi scolastici. E questo ha certo prodotto e realizzato il rischio di una riduzione del problema pedagogico a una questione tecnica.
Ciò di cui la scuola sembra aver bisogno è una cultura della valutazione che a partire dalla conoscenza delle teorie e dei modelli elaborati dalla ricerca scientifica si incontri con il sapere che deriva dall’esperienza e dalle pratiche della scuola per aprirsi alla possibilità di scelte e sperimentazioni locali.
Ripercorrendo le tappe della ricerca pedagogica che ha avuto come oggetto privilegiato la valutazione è inevitabile soffermarci innanzitutto sugli studi docimologici. La docimologia, a partire dalla originaria matrice di disciplina intesa a misurare attitudini e capacità intellettive, si è sviluppata progressivamente come una branca specifica della didattica che si occupa del controllo e del giudizio, coniugando l’interesse per la misura dei risultati educativi con la più ampia problematica delle funzioni e dei criteri della valutazione. La ricaduta più abbondante e visibile nella scuola della ricerca docimologica è la produzione di strumenti e tecniche per la rilevazione del rendimento e dei risultati, ispirati dalla ricerca di oggettività, rigore e scientificità dell’attività di controllo.
L’enfasi sull’aspetto tecnico e misurativo non sembra essere certo il frutto migliore della ricerca docimologica, anche se appare la sua più vistosa espressione. Essa infatti rischia di risolversi solo in un tecnicismo rischia di appiattire la didattica sulla misura del profitto e dei risultati.
Il problema è proprio l’eccessiva enfasi sulle tecniche di misurazione con cui il contributo della ricerca docimologica è passato nella scuola, a scapito della valenza più pedagogica ed etica che pure si ritrova nei discorsi che fondano la docimologia.
Un contributo importante della docimologia è innanzitutto l’aver evidenziato la soggettività del giudizio nel senso sia dei criteri personali che ogni insegnante adotta sia dell’interferenza di motivi personali di ordine ideologico o di ordine affettivo che vanno a determinare la valutazione. Io credo invece che la presa d’atto della soggettività sia soprattutto una necessaria consapevolezza di sé come valutatore e ponga la questione non del negare le interferenze soggettive nel giudizio o dell’esorcizzarle con strumenti raffinati, bensì dell’accettarle, del tararle e del controllarne consapevolmente gli effetti.
Un altro contributo importante riguarda l’interrogarsi della docimologia sul rapporto tra controllo e fini del processo. È stato denunciato il rischio che il processo formativo sia orientato e gestito in funzione dei controlli valutativi, invece che dei fini che si riconosce. Ed è stato dimostrato come la qualità degli apprendimenti e del percorso di formazione sia pesantemente e specificamente influenzata proprio dai modi della valutazione: gli studenti sviluppano cioè le loro conoscenze e capacità in vista e in dipendenza da ciò che le valutazioni chiederanno loro di essere e di sapere.
L’esigenza di controllare il prodotto dei processi educativi trova una risposta convinta e ricca di proposte nella pedagogia per obiettivi. Il percorso di pensiero di questa scuola è che per sottrarre l’educazione scolastica alla sua natura imprevedibile, artigianale o artistica, irrazionale, occorre che i suoi processi siano scientificamente programmati e che definiscano quindi a priori il «prodotto» finale a cui tendono.

Tratto da LA VALUTAZIONE IN AMBITO SCOLASTICO di Anna Bosetti
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