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La valutazione come oggetto ambiguo


Gli aspetti di ambiguità della valutazione scolastica sono molti: riguardano in primo luogo il suo significato all’interno del processo di formazione e da qui investono la qualità della relazione educativa.
Vi è innanzitutto la contraddizione, per l’insegnante che valuta, tra lo stabilire meriti e demeriti individuali e accogliere e accettare invece i percorsi diversi dei singoli. E questo rimanda all’ambiguità tra l’attribuire la responsabilità di ciò che accade ad altri (l’allievo, i condizionamenti esterni, il curriculum pregresso) o invece l’assumere il dato rilevato come realtà che interroga tutto il processo educativo, e quindi tenere il risultato del controllo dentro alla vicenda educativa in atto. C’è poi l’ambiguità che nasce dallo sdoppiamento tra la valutazione «buona» che informa, guida, orienta, comunica, crea rapporto tra educatore e allievo, e la valutazione «cattiva» che sanziona, punisce, allontana e separa, inquina la relazione e l’immagine di sé. In sostanza l’ambiguità risiede nel fatto che la presenza del controllo nel rapporto educativo esprime ed è sentito dal valutato come il potere di giudicare e decidere sulla persona, e vanifica perciò la possibilità di una relazione buona e sana.
Tutti gli aspetti di ambiguità della valutazione scolastica ripropongono sostanzialmente una serie di domande di ordine pedagogico non solo riguardo alla funzione valutativa ma al significato stesso della scuola e della relazione educativa.
L’interrogarsi sul come comunicare gli esiti di una valutazione (voti, giudizi o altro) avrebbe poco senso se non si fosse preventivamente affrontato ed elaborato il problema della funzione che si vuole assegnare alla conoscenza, da parte di allievi e famiglie, dei risultati di apprendimento, della posizione nel percorso formativo, del giudizio che la scuola ne dà.

Tratto da LA VALUTAZIONE IN AMBITO SCOLASTICO di Anna Bosetti
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