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Adam Smith


La sua opera del 1776, “indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” è il testo base della scienza economica moderna. Smith ha come riferimento base la società inglese del suo tempo che sta vivendo, in anticipo verso gli altri paesi europei, la rivoluzione industriale. Da un lato ci sono la proprietà fondiaria e il capitale, dall’altro la forza produttiva del lavoro, ormai trasformato in lavoro salariato. Il lavoratore non gode più dell’intero prodotto del suo lavoro ma ne è stato espropriato. Per Smith il valore dio scambio delle merci è basato sulla quantità di lavoro o sul tempo di lavoro in essa incorporato. La teoria dei prezzi tiene conto delle 3 classi naturali: nella determinazione del prezzo entrano il salario dei lavoratori, il profitto, cioè la quantità addizionale di lavoro vivo per remunerare il capitale investito dagli imprenditori, la rendita fondiaria, che è la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario della terra. Profitto e rendita formano il plusvalore, l’eccedenza del lavoro fornito e realizzato nella merce sul lavoro pagato, sul lavoro che ha ottenuto il proprio equivalente nel salario. Per Smith è il lavoro sociale, è la quantità di lavoro necessaria che crea il valore e il plusvalore è la parte del lavoro di cui si appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro, cioè il proprietario terriero, il capitalista.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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