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Il regno di Enrico IV in Francia


Dopo l’editto di Nantes (1598) Enrico IV aveva ristabilito in Francia la pace religiosa. Egli seppe anche capire che non si poteva governare senza alleanze sociali, senza un equilibrio tra dominio e consenso. Così promosse una politica di consolidamento dello stato basata sulla formazione e lo sviluppo di un ceto di funzionari pubblici la cui origine e fortune economiche e politiche furono in larga parte legate allo stato. La vendita degli uffici pubblici consentì allo stato di rispondere alle aumentate esigenze finanziarie della monarchia e di attirare verso l’apparato statale gruppi sociali di origine non nobile. Veniva  costruendosi un solido legame tra il re e la sua burocrazia.  Su questo ceto, i cui esponenti più importanti divennero,  grazie non al sangue ma al servizio prestato nella burocrazia, i titolati della nuova nobiltà di toga, distinta dalla nobiltà di spada, i sovrani francesi fecero leva per neutralizzare le spinte eversive dell’aristocrazia e dell’antica nobiltà. Per quanto riguarda l’economia Enrico IV grazie anche al suo primo ministro, il duca di Sully, cercò di ricostruire le basi produttive del paese attraverso lo sviluppo dell’agricoltura e le manifatture tessili. In politica estera Enrico IV promosse alleanze in funzione antiasburgica: con gli olandesi, con i Savoia (Carlo Emanuele I), con Venezia.
Certo il suo regno non eliminò, anzi accentuò tensioni e conflitti interno alla società francese: quello religioso tra cattolici e Ugonotti che l’editto di Nantes aveva solo parzialmente attenuato; tra la nobiltà di spada e di toga; il conflitto tra i parlamenti (le più importanti istituzioni giudiziarie del paese) e il corpo di funzionari creati dal sovrano.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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