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L’Italia e la guerra di successione polacca 1733-38


L’Italia fu teatro di spartizioni tra Spagna e Austria negli anni 1720-33, arbitro l’Inghilterra; quindi campo di intervento ancora più ampio con il coinvolgimento della Francia e dei Savoia durante la guerra di successione polacca.
In Austria, l’imperatore Carlo VI d’Asburgo aveva cercato di valorizzare gli sbocchi marittimi dei suoi domini. Carlo IV non aveva eredi maschi, doveva quindi prevenire una crisi dinastica. Così nel 1713 fece approvare la prammatica sanzione che aboliva nei domini asburgici la legge Salica (il divieto per le donne di poter occupare il trono) e preparava la strada alla successione di sua figlia Maria Teresa, ma la prammatica sanzione doveva essere accettata anche dalle altre potenze per essere efficace. L’Austria deve ottenere il riconoscimento di questa da parte dell’Inghilterra. L’Inghilterra deve bloccare l’espansione commerciale asburgica e creare un contrappeso alla penetrazione asburgica in Italia. Nel 1731 l’Austria ebbe dall’Inghilterra il bene placito alla successione di Maria Teresa e in cambio smantellò le compagnie commerciali di Ostenda. La Spagna, arbitro in Inghilterra, si garantì la successione di Don Carlos a Parma e Piacenza. Sia a Napoli che nella Lombardia, passata all’Austria con la pace di Utrecht, gli Asburgo promossero una serie di riforme. Sia al nord che al sud gli austriaci non ebbero però il consenso sociale necessario per realizzare idee e progetti di riforma.
In Piemonte Vittorio Amedeo II, asceso al trono nel 1713, lasciò tracce consistenti. Insieme al suo successore Carlo Emanuele III il sovrano cercò di applicare ai suoi territori il modello dello stato assolutistico realizzato dalla Francia di Luigi XIV. L’altra parte dell’Italia era quella delle repubbliche oligarchiche di venezia, Genova e Lucca, dominate dai loro patriziati; quella della toscana dove nel 1737 sarebbe morto l’ultimo dei Medici; quella dei piccoli ducati come Parma e Piacenza, la corte degli Estensi a Modena e la corte pontificia. Nel 1733 l’Italia diventò teatro della guerra di successione polacca (1733-38). Motivi dell’apertura dell’ostilità furono la morte di Augusto II di Sassonia, re di Polonia e la contrapposizione di 2 candidature alla sua successione, quella di Stanislao Leszczynski  (lecinschi), la cui figlia era stata sposata da Luigi XV, e quella di federico Augusto III di Sassonia. La prima candidatura fu sostenuta dalla Francia e dai polacchi; la seconda da Austria e Russia. Lo zar Pietro il grande penetrò in territorio polacco e insediò  sul trono Federico Augusto di Sassonia. Nella prima fase il conflitto si svolse secondo lo schema Asburgo contro Borbone, uniti con i due rami di Spagna e Francia in un patto di famiglia. Con i Borboni si alleò Carlo Emanuele III di Savoia. Oggetto delle mire fu l’Italia: la Spagna sperava di poter riprender Napoli e la Sicilia e di stabilire il dominio su Parma e sulla Toscana; a Carlo Emanuele III venne promesso il milanese. Ma il blocco borbonico si inclinò presto. Carlo Emanuele temeva l’insediamento di una dinastia borbonica nell’Italia meridionale. Al primo ministro francese Fleurì premeva consolidare i confini sul Reno, all’Austria interessava ottenere il consenso della Francia alla prammatica sanzione. Nel 1735 cominciarono trattative segrete tra Francia e Austria. Carlo VI stipulò la pace di Vienna nel 1738 secondo la quale:
1. Federico Augusto III era riconosciuto re di Polonia
2. a Lechinschi era attribuita la Lorena che però sarebbe passata alla Francia dopo la sua morte
3. A Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna erano attribuiti i regni di Napoli e Sicilia che diventavano così autonomi; l’Austria perdeva questi domini ma manteneva la Lombardia e guadagnava il gran ducato di Toscana assegnato a Francesco di Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria. Carlo Emanuele III acquistava il bavarese, Tortona e le Langhe.
4. Gli Asburgo vedevano riconosciuta dalla Francia la prammatica sanzione.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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