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Spagna e Italia alla fine del 1600


Dopo la pace di Vestfalia e nel corso del XVII secolo la Spagna perse: Portogallo, Franca contea, parte delle Fiandre e dell’Artois, la Cerdania e il Rossiglione sui Pirenei. La monarchia dei re cattolici restava comunque una potenza imperiale. Non aveva più l’egemonia in Europa ma aveva superato la crisi degli anni 40, retaurato il potere in Catalogna, mantenuto i domini italiani di Milano, Napoli,  Sicilia e Sardegna, inoltre poteva contare su un vasto impero coloniale. Per quanto riguarda i fondamenti economici e sociali della monarchia spagnola, la Castilla nel corso del XVII secolo subì una crisi, ed essendo il cuore dell’economia imperiale, la sua crisi coinvolse l’intera Spagna. Questo processo riguardò l’ultima fase del regno di Filippo IV e il primo periodo di quello di Carlo II (1675-1700). Ma a partire dalla fine degli anni70 del 600 ci furono in Spagna segnali di ripresa dal punto di vista agricolo e industriale. Gli aristocratici continuavano a costituire il vertice della società iberica ma accanto a loro cominciava a formarsi una borghesia mercantile industriale legata soprattutto al commercio americano.
In Italia i segni di una crisi e stagnazione erano evidenti. Sulla crisi demografica che investì l’Italia, un ruolo importante fu esercitato dalle epidemie di peste che investirono quasi tutta la penisola. Dopo lo spostamento dei traffici verso l’Atlantico, la scena internazionale era dominata da Olanda, Inghilterra e Francia e l’Italia si trovò tagliata fuori dal traffico internazionale. Da paese importatore di materie prime ed esportatore di manufatti si trasformò in paese esportatore di materie prime e importatore di manufatti. In particolare il settore della lana era davvero in crisi. Dal punto di vista politico l’Italia era un laboratorio di esperienze differenti. In tutti gli stati italiani, sia quelli dipendenti dalla Spagna, sia le monarchie, le repubbliche cittadine, i principati, le funzioni pubbliche della vita politica andarono estendendosi e organizzandosi. Un altro elemento comune fu l’affermazione di un ceto ministeriale legato all’apparato statale e all’esercizio del governo centrale e periferico.
Piemonte sabaudo: fu influenzato dal modello di politica interna della Francia di Luigi XIV. Carlo Emanuele II (1663-75) adottò una politica mercantilistica riuscendo a coinvolgere anche l’aristocrazia nella promozione dell’attività economica. Inoltre si formò in Piemonte una vera burocrazia civile e militare. Dopo 10 anni di reggenza di Maria Giovanna Battista, assunse il potere con un colpo di stato Vittorio Amedeo II che si distinse per una aggressiva politica estera, liberandosi dalla presenza francese in alcuni territori dello stato (casale e Pinerolo). Inoltre partecipò alla guerra contro la Francia (1690-97) alleato degli Asburgo ad Austria ed in Spagna. In una seconda fase il Piemonte ebbe mire espansionistiche verso la Lombardia, ribaltando le alleanze e firmando nel 1696 l’armistizio con la Francia.
Genova. Luigi XIV dopo aver bombardato la città nel 1685 perché non aveva interrotto la sua relazione preferenziale con la Spagna costrinse Genova a un atto sottomissione diplomatica. Solo così Genova riuscì a salvaguardare la sua indipendenza.
Lo stato Pontificio. Dopo la pace di Westfalia non fu più in grado di realizzare una presenza significativa sulla scena internazionale. Anche qui la tendenza all’accentramento dei poteri e a una più efficace gestione del rapporto tra centro e periferia indusse a un ammodernamento delle strutture amministrative dello stato
Venezia. Il suo ruolo internazionale era ormai in netto declino e la sua politica estera era dettata dall’esigenza di difesa più che dall’iniziativa politica. La guerra di Candia contro gli Ottomani verso la metà del 1600 si concluse con perdite enormi per la repubblica che dovette abbandonare l’isola. Nemmeno la conquista del Peloponneso in seguito alla pace di Carlowitz fu di lunga durata.
Gran ducato di Toscana. La politica estera fu dipendente dalla Francia anche perché il gran Duca aveva sposato margherita d’Orleans. Crisi demografica e crisi economica non colpirono come altrove la Toscana.
Regno di Napoli. Dopo la rivolta del 1647-48 e la restaurazione della monarchia spagnola ci fu una svolta nel modo di governare. Ci fu un efficace intervento assolutistico dello stato: la repressione del banditismo baronale, una maggiore tutela dell’ordine pubblico, controllo sugli abusi del clero. Ma la crisi demografica dopo la peste, la crisi agraria e del commercio, la pressione fiscale in aumento in coincidenza delle congiunture belliche non consentirono ai vicerè napoletani della seconda metà del 600 di dar vita a una politica riformatrice. Solo alla fine del XVII secolo ci fu una ripresa economica.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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