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Il ruolo del ricordo in Argo il Cieco - Bufalino -


In Diceria la concezione inventiva del ricordo ruota intorno agli inaffidabili racconti di Marta, che spiazzano e affascinano l'io narrante. L'io narrante diventa in Argo il cieco l'artefice di analoghe mistificazioni. La memoria qui fa da buffona al narratore, manovra a piacimento il juke box di ricordi programmato a disubbidire. Anche qui c'è una equivalenza tra memoria, scrittura, finzione e sogno, che diventa il nodo fondamentale del libro, e che conferma l'idea dell'arte come arto del ricordo, come “surrogato di vita durante il giorno e surrogato di sonno, quando non posso prendere sonno, la sera” (p. 263). Durante la veglia, il ricordo si sostituisce al sogno e la sua supplenza riesce addirittura  a vincere l'insonnia del narratore (p.393) grazie al racconto del ricordo, ad un interminabile rimpiattino diegetico alla Mille e una Notte che si sostituisce al sonno – sogno e alla veglia – memoria.  In Argo però non c'è solo spazio per una partita allegra; il confronto coi ricordi può essere anche una lotta dolorosa, geneticamente e geograficamente ereditata (p. 335). L'esorcismo della menzogna non sempre funziona e lascia ampi varchi al rimpianto dell'inattingibile verità dei momenti perduti, tali perché dimenticati o scomparsi con chi li custodiva. La morte di una persona vicina si impone allora anche come inarginabile dispersione del patrimonio memoriale che le apparteneva e che svanendo impoverisce indirettamente anche coloro che ne erano parte, come Alvise (p. 335).

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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