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Le fonti letterarie di Bufalino


In questa weltanschauung non possono allora non comparire, accanto a Pirandello, i Borges e i Manganelli e dietro di essi modelli non tanto di menzogna quanto di letteratura tout court, come Tolstoj – definito modello per un romanzo che fosse mondo vicario, doppio autosufficiente della stessa realtà – e Hugo – il cui I Miserabili servirono a Bufalino per muovere i primi passi verso la frode inventiva – e Dostoevskij naturalmente – il suo solito uomo del sottosuolo, incallito, dichiarato e volontario creatore di menzogne. Anche Bufalino sceglie deliberatamente di essere, all'interno delle proprie finzioni letterarie, un narratore ostentatamente bugiardo, compagno di strada per creature fittizie che mentono a loro volta, recitando ruoli, parole e sentimenti di volta in volta palesemente falsati. Gli stessi sentimenti forti ne risultano profondamente mistificati: il dolore è una effusione da melodramma, l'amore una immaginifica rappresentazione che mima spesso la stessa creazione letteraria. Bufalino opta sempre per il travestimento della metafora rispetto alla chiarezza della mimesi, fedelmente ad una artificiosità di sapore barocco e secentesco che spesso vagheggia; nel caso di Torquato Accetto, ad esempio, in cui Bufalino trova un confacente e interessante esempio di precedente culturale della sovrapposizione tra finzione teatrale, gusto dell'artificio e frode letteraria dominante. Pirandello, infatti, offre solo il generico spunto per la vocazione teatrale di Bufalino che è ben lontano dallo stigmatizzare la falsità della vita come Pirandello, preferendo evocare amorevolmente la dimensione fittizia della recitazione, in una volontà di emulazione non più delle esistenze reali ma di quelle da palcoscenico. Pirandello non amava il teatro, e di esso ne fece una ossessiva metafora in negativo; Bufalino ci vede, invece, un evasivo corrispettivo del sogno, felicemente agevolato dalla naturale disposizione alla teatralità della Sicilia stessa e dei siciliani naturalmente, a patto che non vi si cerchi il cuore delle cose ma il loro travestimento, il loro fraudolento abito d'Arlecchino.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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