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La prima fase di Pìo Baroja


In Juventud, egolatrìa, del 1917, descrisse molto acutamente la situazione dei giovani che, come lui, si erano trovati negli ultimi tempestosi anni del secolo uniti da una confusa e passeggera volontà di rigenerazione che gli varrà la mai accettata inserzione nella cosiddetta Generazione del ’98. Attraverso questa galleria di ribelli vinti e individualisti isolati, Baroja portò avanti una costante e tenace critica del mondo in cui visse. Rifiutò la scienza come via di personale espansione, ma non la rinnegò mai come forma di lucida verità, alieno sdegnosamente dall’accettare succedanei della religione, alla quale era sempre rimasto estraneo, come estraneo rimase al socialismo, perché per lui la libertà era un fatto individuale, e all’anarchismo, a cui aderì solo verbalmente perché gli mancava quella generosa fede nella bontà degli uomini che invece avevano gli anarchici militanti. La posizione di Baroja è quella di un uomo che rimane immobile dinanzi alla realtà, che ripeteva davanti ai suoi occhi il medesimo immobile ritmo di dolore e ipocrisia. Baroja stava immobile, ma con gli occhi spalancati. Come scrittore scelse per metodo la sincerità di chi preferisce i cinici agli ipocriti e  l’antiretorica (che coincise con una nuova retorica), convinto com’era del fatto che gli scrittori dovessero dare testimonianza concreta del mondo in cui vivono, nonostante lo scetticismo. Al puro descrivere di Ortega, Baroja preferiva le mille forme del narrare.
La sua poetica e la sua pratica di narratore sono insomma tipiche della fase di transizione tra il romanzo ottocentesco e quello contemporaneo. Baroja non costruisce una storia non perché non ne sia capace, ma perché coi suoi romanzi a struttura aperta, in cui i personaggi sono infilati uno dopo l’altro senza una precisa idea del tempo e della causa, vuole esprimere una idea e una esperienza della vita.Non sempre vi riesce e a volte l’ideologismo prende la mano al narratore, specie in certi personaggi troppo loquaci e tempestivi che rompono l’oggettività del narrare con le loro gratuite interpretazioni.
Camino de perfecciòn è il primo romanzo compiutamente barojiano. Poi seguono El mayorazgo de Labraz, storia di un hidalgo basco, povero e magnanimo, che viene ingannato da un giovane cinico e aggressivo. Nel 1904 – 1905 si pubblica in appendice la trilogia La lucha por la vida, itinerario di un giovane prima nel mondo del sottoproletariato madrileno alla ricerca del lavoro nella brutale lotta per la vita, poi nel mondo degli artigiani e degli operai impegnato nella costruzione della sicurezza, e infine coinvolto nelle attività di un gruppo di anarchici che sarà poi protagonista del romanzo politico Aurora roja. Del 1910 – 11 sono tre tra i più importanti romanzi di Baroja: Cèsar o nada, El àrbol de la ciencia, Las inquietudes de Shanti Andìa. Tutti e tre hanno al centro il problema della volontà. Nel primo è la fallita volontà di potere e di direzione politica del protagonista, che tenta di trasformare dall’interno la società della Restaurazione, finendo con l’incontrarsi con gli operai e scontrarsi con conservatori e clericali, in un gioco pericoloso che finirà col suo assassinio secondo i metodi del caciquismo; nel secondo è la fallita volontà di realizzazione intellettuale del piccolo borghese protagonista che finisce suicida, schiacciato dalla sterilità della scienza e dalla banalità delle donne nella inquieta Madrid di fine secolo; volontà di avventura nel terzo, nell’ambiente, ricostruito con favolose tinte nostalgiche, della marineria basca.  

Tratto da LETTERATURA SPAGNOLA di Gherardo Fabretti
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