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La vita di Juan Ramòn Jimènez (1881 - 1958)


La vita.

Per Juan Ramòn Jimènez, come per tanti altri scrittori contemporanei, sarà la guerra il limen che segnerà il chiarimento e la scelta più profonda della sua poesia. Non fu un uomo esemplare, e nemmeno troppo simpatico. Di lui si diceva che fosse una sorta di Dr. Jekill e Mr. Hyde, ma certo è che era un uomo fortemente malato di nervi: visse tutta la vita perseguitato dal terrore della morte e delle malattie, segretamente incline al suicidio, maniacalmente attento alle sue sensazioni (non sopportava la luce violenta e i rumori), traslocava continuamente. Le origini del suo bizzarro carattere vanno ricercate nella storia familiare e nella sua rovina economica, come nella permanenza nel collegio dei Gesuiti, che già aveva mietuto tante vittime tra gli scrittori spagnoli. Fu un bambino medioborghese, solitario e malinconico, segnato dalla perdita del benessere.
Ma Jimènez ebbe il coraggio di scavare a fondo nella sua situazione, senza mascherature e mistificazioni. Non negò mai la sua passione per il vivere tra le cose belle e comode, per la pulizia e la puntualità. Come criterio supremo di condotta ebbe  la vita individuale, la sua vita, concependo l’impegno intellettuale come un lavoro da compiere scrupolosamente, come una professione.
Fece assai resto le sue scelte intellettuali, e già nel 1907 concludeva una nota biografica per Renacimiento, la rivista di Martìnez Serra, con queste parole: Ora, questa vita di solitudine e di meditazione, tra il paese e la campagna; l’indifferenza più assoluta per la vita, e la bellezza come unico alimento per il mio cuore. Indifferenza: non è solo per il genere umano, ma per il senso stesso della propria esistenza, per la vita.  Bellezza: unico valore in un grande vuoto sentimentale.
Una scelta così estremistica significava, agli inizi del Novecento, il soggettivismo assoluto; una forma di disperazione, di negazione, che è anche l’unica cosa che Jimènez condivideva con l’avanguardia storica.
In lui il passato ebbe sempre il sopravvento sull’avvenire, e una scelta come la sua, negatrice ma non provocatoria, non poteva che approdare alla via mistica, quella che poi il poeta percorrerà.
Si mosse con sicurezza, dopo i primi tentativi modernisti, subito ripudiati, su due terreni precisi e concreti: il simbolismo e l’andalusismo.  

Tratto da LETTERATURA SPAGNOLA di Gherardo Fabretti
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