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Il Novecento, l'epoca delle distopie


Il Novecento è l'epoca delle distopie. La distopia è la rappresentazione di società peggiori di quelle reali, dove gli aspetti e le tendenze negative, i mali, le ingiustizie e le discrasie in genere delle società moderne vengono portate al limite estremo e dove si prefigurano scenari da incubo, angoscianti e terrificanti, comunque opprimenti, in cui un potere autocratico esercita un dominio assoluto e incontrollabile su tutta la società, imponendo una cappa di terrore e di soggezione attraverso l'uso sistematico di controlli polizieschi, di condizionamenti subliminali e l'uso indiscriminato dei media, al fine di creare un clima di diffidenza, odio, paura e totale massificazione.
Perchè nel Novecento? Perchè il Novecento è l'epoca delle due guerre mondiali, di una violentissima accelerazione della modernità, dei regimi totalitari, dei lager e dei gulag, delle armi di distruzione di massa. Nel Novecento è profonda e acuta quanto mai la consapevolezza della estensione e della profondità del male e  più acuta si fa la sensibilità collettiva, l'insofferenza morale per le barbarie, più forte il contrasto fra evoluzione e progresso materiale e culturale. Le violenze e gli orrori si fanno globali e globalmente vengono recepiti, grazie allo sviluppo delle tecnologie di comunicazione.
La fiducia sulle magnifiche sorti e progressive, sulla capacità dell'uomo di migliorare sé stesso e il mondo, viene ora sostituita da una progressiva sfiducia e da una forte denuncia degli effetti negativi e malefici del progresso sulla vita civile ed esistenziale dell'uomo. Il progresso sembra quasi un nemico pervertitore e tale sentimento conferisce alle opere novecentesche distopiche un che di conservatore, di nostalgico, se non di reazionario.

Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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