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La traduzione nella Germania romantica


Nella Germania romantica il problema della traduzione si sposta da quello della filologia a quello dell'ermeneutica, cioè dell'interpretazione. Per Goethe, Humboldt e Schleiermacher la traduzione è anzitutto incontro di culture, e la lingua del traduttore deve adattarsi ad accogliere la diversità del testo straniero, idea totalmente opposta a quella delle belle infedeli.
Goethe distingue tre generi di traduzione, corrispondenti a fasi diverse e a volte intrecciate:
- Quella che ci fa conoscere l'estero dalla nostra prospettiva; una tradizione linearmente prosaica è la più adatta. È il caso della Bibbia di Lutero.
- Quella in cui ci si sforza di trasferirsi nella situazione del paese straniero anche se in realtà si tende solo ad appropriarsi del senso a noi estraneo e a raffigurarlo nuovamente nel nostro senso. La cosiddetta epoca parodistica. Goethe dice che tutte le traduzioni francesi sono così.
- L'ultimo e il più elevato dove si desidera rendere la traduzione identica all'originale in maniera da rappresentarlo paritariamente. È una traduzione difficoltosa perchè obbliga il traduttore a sacrificare la sua identità, creando una terza identità a cui il lettore si deve educare.
Humboldt traduce l'Agamennone di Eschilo nel 1816. Il fine della sua tradizione è quello di acquisire per la lingua e lo spirito della nazione ciò che essa non possiede o possiede altrimenti. Humboldt intuisce che astraendo dalle espressioni che designano semplici oggetti fisici, nessuna parola di una lingua è completamente uguale a una di un'altra lingua. Diverse lingue sono, sotto questo aspetto, solo altrettante sinonimie perchè ognuna esprime il concetto un po' diversamente, con questa o quella determinazione secondaria, un gradino più alto o più basso sulla scala delle sensazioni. Le determinazioni secondarie sono la rete inconscia di riferimenti mnemonici in cui ogni parlante pone automaticamente le parole della sua lingua, sono dunque ciò che va perduto nella traduzione. Tradurre significa considerare le lingue non come insiemi di parole ma come sistemi di corrispondenze e allusioni interne, in cui il singolo segno è contemporaneamente punto di intersezione di più idee. La traduzione è più un lavoro sulle differenze che sulle somiglianze. L'indagine ermeneutica connessa all'esercizio della traduzione mette in luce l'irriducibilità dei concetti ai segni fisici di un codice linguistico, cioè alle parole. Notiamo soprattutto la diversità laddove pensiamo di riconoscere l'eguale e l'uniforme. Una parola non può mai essere completamente uguale alla parola di un'altra lingua eppure la traduzione è un lavoro fondamentale.
Per Schleiermacher la buona traduzione è quella che consente al lettore di uscire da sé stesso e di mettersi in contatto con l'estraneità dell'originale. Ammette anche un altro tipo di traduzione, quella dove sembra che l'autore tradotto abbia scritto direttamente in tedesco.

Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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