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I rapporti tra giudizio penale e giudizio civile




In attuazione del principio dell'unità della funzione giurisdizionale, esiste nel nostro sistema processualpenalistico un complesso di disposizioni dirette ad evitare che, sia pure in campi giurisdizionali diversi, vengano emanate pronunzie tra di loro contrastanti. Tra queste vi sono quelle che disciplinano il fenomeno della pregiudizialità delle questioni comuni ai due processi.
L'art. 2,1 c.p.p. in linea di principio stabilisce che "il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione salvo che sia diversamente stabilito" soggiungendo al comma 2 che "la decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo". La regola è, quindi, inequivocabilmente, quella per cui quando esiste una questione pregiudiziale civile o amministrativa dalla cui risoluzione dipende la definizione del processo penale, il giudice penale deve risolvere la questione pregiudiziale senza sospendere il processo.
Ma "quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e se l'azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione" (art. 3 c.p.p.).
Inoltre, non tutte le questioni di stato possono determinare la sospensione del processo penale ma solo quelle relative allo stato di famiglia e di cittadinanza, con esclusione delle altre tra cui quella concernente la qualità di fallito.
Peraltro, questa possibilità di sospensione è limitata unicamente alla fase dibattimentale e, quindi, non è attuabile nel procedimento o in altre fasi del processo penale ed, inoltre, la sentenza civile o amministrativa che decide della questione controversa non ha alcuna efficacia vincolante nel processo penale.

In ordine ai rapporti tra processo penale e processo civile di grande importanza è il problema dell'efficacia della sentenza penale irrevocabile nel giudizio civile o amministrativo di danno.
L'art. 651 c.p.p. stabilisce che la sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale.
L'art. 652 c.p.p., nel disciplinare l'efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento nel giudizio civile o amministrativo di danno, prevede l'effetto vincolante  quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizioni di costituirsi parte civile  nel processo penale, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile.
L'efficacia vincolante della sentenza di assoluzione è, tuttavia, esclusa nell'ipotesi in cui l'azione civile proposta davanti al giudice civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile. Ciò significa che la sentenza penale di assoluzione ha efficacia di giudicato nel processo civile solo se l'azione civile è stata proposta a delle condizioni, ossia dopo che nel processo penale sia già stata pronunciata la sentenza di primo grado, oppure in seguito al trasferimento nell'azione risarcitoria dalla sede penale a quella civile. In questi casi, non soltanto è riconosciuta l'efficacia vincolante della sentenza penale assolutoria, ma il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione. Viceversa, la sentenza penale di assoluzione non ha efficacia di giudicato se l'azione civile è stata esercitata per la prima volta davanti al giudice civile e prima della sentenza penale di primo grado senza essere trasferita nel processo penale.
La ratio di tale disciplina è quella di impedire che il danneggiato dal reato possa decidere in maniera strumentale il momento e la sede più opportuni per l'esercizio dell'azione risarcitoria.
La normativa vigente subordina l'efficacia vincolante della sentenza di assoluzione all'accertamento della non sussistenza del fatto o della non commissione del fatto da parte dell'imputato e, quindi, all'esistenza di una prova negativa con esclusione della mancanza o della insufficienza di prova. Questa tesi comporta che, al fine di ravvisare l'esistenza o no dell'efficacia vincolante in questione, appare indispensabile risalire alla motivazione della sentenza per stabilire se le risultanze probatorie abbino effettivamente accertato l'innocenza dell'imputato oppure se la formula assolutori consegna alla mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova.

Tratto da LINEAMENTI DI PROCEDURA PENALE di Enrica Bianchi
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Dettagli appunto:

  • Autore: Enrica Bianchi
  • Titolo del libro: Lineamenti di procedura penale
  • Autore del libro: Gilberto Lozzi
  • Editore: Giappichelli
  • Anno pubblicazione: 2008

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