Skip to content

Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica




Prima dell'introduzione del Tribunale a composizione monocratica, la sua funzione veniva svolta dal pretore (codice Rocco 1930), ripreso poi nel codice dell'88.
Il pretore funzionava secondo l'ideologia del regime fascista, per il quale prevaleva lo Stato a discapito delle garanzie individuali. In questo contesto, il pretore è una figura rappresentativa, è il dominus dell'intera vicenda processuale, che svolge sia le funzioni del pm che quelle giudicanti.
Il pretore riceveva una notizia di reato; a questo punto svolgeva un'attività pre-istruttoria, in cui assumeva informazioni, assicurava le fonti di prova e faceva investigazione. Terminata questa fase, si trovava davanti un'alternativa:
1. fare un decreto che poteva essere:
   a. di condanna;
   b. di manifesta infondatezza della notizia di reato;
2. fare una richiesta che poteva essere:
   a. di giudizio direttissimo;
   b. di istruzione sommaria.
La fase successiva era il dibattimento.
Con il pretore viene in discussione l'imparzialità del giudice, precisamente l'imparzialità oggettiva (quando all'accusato il giudice sembra sospetto). Questo perché l'accusato si trovava di fronte due volte la stessa persona. Quindi il problema del legislatore del 1988 era quello di dividere la funzione requirente dalla funzione giudicante, e lo fece con la legge delega n. 108 del 1974, ripresa poi nelle legge delega n. 81 del 1987, che costituisce la base del nuovo codice di procedura penale.
Art. 2 direttiva n. 103 della legge delega:
- ufficio del pm presso la Pretura;
- massima semplificazione delle forme processuali secondo il principio dell'economia processuale (è stata eliminata l'udienza preliminare). La competenza del pretore era per i reati per i quali la legge stabiliva una pena detentiva non superiore a 4 anni o una pena pecuniaria sola o in aggiunta a quella detentiva.

Sulla base di questa legge delega viene istituita la pretura nel 1988. Tutta la materia viene inserita nel libro VIII del c.p.p. composto da:
1. un titolo che dava una disposizione generale;
2. una seconda serie di disposizioni sulle indagini preliminari;
3. una serie di norme sugli atti introduttivi al dibattimento;
4. la conclusione del processo.

Questo sistema non funzionava. Si sente quindi l'esigenza di modifica. Il legislatore nel 1997 decide di abrogare l'istituto del pretore, creando il Tribunale in composizione monocratica.
Decreto leg. N. 51 del 1998: legge istitutiva del giudice unico, attribuendo al tribunale la competenza a giudicare anche quei reati che prima erano di competenza del pretore. Tuttavia i reati meno gravi possono continuare ad essere giudicati da un organo nuovo, il Tribunale in composizione monocratica. Le regole che si vogliono applicare sono quelle del vecchio rito pretorile (1988) con un aumento della competenza del Giudice monocratico ai reati punibili con la pena della reclusione superiore nel massimo a 10 anni, anche nell'ipotesi del tentativo. Viene meno il collegio.
Questo decreto legge viene di fatto bloccato: c'è ma non entra in vigore fino al 1999 con la legge n. 479 (legge Carotti), che introduce il Giudice monocratico e recupera la garanzia della collegialità.

Principi costituzionali del Giudice monocratico sono:
- Principio di adeguatezza delle forme: esistono diversi modelli processuali; quindi un fatto di reato può essere costruito in modi diversi purchè venga rispettato tale principio e ci sia un fondamento di ragionevolezza;
- Principio di uguaglianza: ogni cosa dovrebbe adattarsi in modo flessibile, con l'unico limite di rispettare questo principio.
La collegialità è auspicabile, ma non è un principio costituzionalmente garantito. È una garanzia per il cittadino e per la collettività.

Per la disciplina di questo procedimento, bisogna partire dall'art. 549 c.p.p., secondo cui nel procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri precedenti, cioè quelle relative al procedimento di fronte al Tribunale ordinario (principi di sussidiarietà).
Il giudice più basso è il Giudice di Pace; all'estremo c'è la Corte d'Assise e nel mezzo, con competenza residuale, c'è il Tribunale (art. 6 c.p.p.), che normalmente è formato da 3 soggetti.
L'art. 33-bis c.p.p. elenca i reati di competenza del Tribunale collegiale (es: reati ad associazione a delinquere), mentre l'art. 33-ter c.p.p. elenca quelli di competenza del Tribunale monocratico ( residuale).
Quando c'è un errore di competenza, cioè giudica il Tribunale in composizione si ha:
1. connessione: è un tipo di competenza funzionale, cioè deroga a criteri ordinari di competenza per materia e per territorio nei casi previsti dalla legge. In questo caso è competente a giudicare il giudice superiore;
2. difetti di competenza: c'è un eccesso.
Casi di connessione:
a. concorso di persone nel reato;
b. concorso formale di reati ( es: quando commetto più reati insieme);
c. connessione debole (es: uccido una persona e poi occulto il cadavere).

Davanti al Giudice in composizione monocratica si prevede un doppio binario:
a. procedimento sommario o mediante citazione diretta a giudizio: senza udienza preliminare (indagini + dibattimento);
b. procedimento formale: con udienza preliminare (valgono tutte le regole del procedimento ordinario).

L'art. 550 c.p.p. indica quali tipi di reati richiedono il procedimento sommario. Tutto quello che non rientra qui prevede il procedimento formale.
Tale procedimento eredita i caratteri del vecchio procedimento pretorile, strutturato secondo il criterio della massima semplificazione. Infatti, il pm, una volta concluse le indagini preliminari, esercita l'azione penale mediante l'emanazione del decreto di citazione diretta (vocatio in iudicium), con il quale si rimprovera a una persona qualcosa. Tale decreto ai sensi dell'art. 552 c.p.p. contiene:
a. indicazione dell'imputato, delle altre parti private con relativi difensori;
b. indicazione delle persona offesa se indicata;
c. enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti e delle circostanze per l'applicazione di misure di sicurezza con relativi articoli;
d. indicazione del giudice competente, del giorno e dell'ora di comparizione con l'avvertimento di contumacia;
e. avviso della facoltà di nominare un difensore e che, in mancanza, sarà assegnato un difensore d'ufficio;
f. avviso possibilità di presentare domanda di oblazione;
g. avviso deposito del fascicolo relativo alle indagini preliminari nella segreteria del pm per prenderne visione ed estrarne copia;
h. data e sottoscrizione del pm e del suo ausiliario.

Costituisce contenuto generico tutto ciò che concerne l'imputato e i motivi dell'accusa; mentre costituisce contenuto specifico l'avvertimento per l'accusato che ha il diritto di scegliere procedimenti speciali che verranno svolti nell'udienza di comparizione, cioè all'inizio del procedimento.
Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e), f). Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari, previsto dall'art 415-bis c.p.p., nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375,3 c.p.p.
Il decreto di citazione deve essere notificato all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno 60 giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. Nei casi d'urgenza il termine è ridotto a 45 giorni.
Il pm forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al giudice con il decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione.
L'incidente probatorio (art. 392 e seg. c.p.p.) è un'anticipazione del dibattimento nel corso delle indagini preliminari. Differenze:
- si svolge in Camera di Consiglio;
- si svolge alla presenza del pm e del difensore.
L'elemento di prova si forma nel contraddittorio delle parti e il verbale dell'incidente viene inserito nel fascicolo del dibattimento perché è un atto che si è formato alla presenza delle parti.
Se tale incidente si verifica dopo la richiesta di rinvio a giudizio, si chiama atto urgente.

La prima udienza conseguente alla citazione è la cosiddetta udienza di comparizione, regolata dall'art. 555 c.p.p.  In essa si svolgono delle attività preparatorie al dibattimento, tra cui il deposito delle liste dei testimoni almeno 7 giorni prima della data fissata per l'udienza (art. 468 c.p.p.) a pena di decadenza. Tali liste devono anche contenere le circostanze su cui deve vertere l'esame.
Il giudice esclude dalle liste quelle testimonianze che sono vietate dalla legge, quelle che sono superflue (perché sostenute da più testimoni), quelle che non sono pertinenti, cioè non centrano con l'oggetto del processo.
La superfluità si divide nella irrilevanza e nella non idoneità (non idonea a portare degli elementi di prova nel processo).
In relazione alle circostanze contenute nelle liste, ciascuna parte ha il diritto alla prova contraria, da esercitare nella prima udienza dopo aver avuto visione della lista dell'altra parte.
Nell'udienza di comparizione è possibile un tentativo di conciliazione.
Infine il dibattimento si svolge secondo il procedimento ordinario (art. 559 c.p.p.).

Tratto da LINEAMENTI DI PROCEDURA PENALE di Enrica Bianchi
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

  • Autore: Enrica Bianchi
  • Titolo del libro: Lineamenti di procedura penale
  • Autore del libro: Gilberto Lozzi
  • Editore: Giappichelli
  • Anno pubblicazione: 2008

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.