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Il confronto con l'Eneide



Eneide e Augusto


 Rispettando la propaganda Augustea, Virgilio loda Augusto partendo dai suoi antenati. Virgilio inaugura una sorta di epica storico – celebrativa. A Roma erano diffusissime le “leggende di fondazione” collegate alla guerra di Troia. Tra IV e II secolo a.C. acquistò particolare rilievo quella che vedeva come protagonista l’eroe troiano Enea.Non sembra che Enea sia mai stato considerato il fondatore di Roma e nemmeno che avesse un culto di rilievo a Roma. Ma tra il II e il I secolo a.C. la sua figura acquistò notevole fortuna. Le motivazioni sono di origine politica: Roma infatti voleva rivendicare una sorta di autonomia con i Greci e il mito dell’origine troiana dei romani era un motivo da prendere al volo. Era un ottima spiegazione che il più nobile eroe troiano, scampato alla catastrofe di Troia, era connesso per via genealogica a Romolo, il fondatore della città. Roma si prendeva la rivincita sui Greci. Ma cosa c’entra questo con Ottaviano? C’entra perché attraverso al figura del figlio di Enea – Iulo – una nobile casata romana, la gens Iulia, rivendicava per sé nobilissime origini. Un esponente di questa famiglia era Giulio Cesare, e dopo lui, il figlio adottivo Ottaviano, poi Augusto. In questo modo Ottaviano legittimava e celebrava il suo potere.
 

Eneide e Roma 


Nell'Eneide Virgilio alterna l’oggettività epica, che decide l’inevitabilità della morte di alcuni personaggi, e la soggettività tragica di questi ultimi rendendo conto anche delle loro ragioni, anche se  vinti. La cultura romana dell’età delle conquiste aveva rappresentato le guerre puniche come uno scontro tra culture diverse: Roma si identificava per quella che era solo per opposizione  a Cartagine, vista come città popolata da nemici infidi e dediti a riti pagani e perversi.
Virgilio, invece, sostiene che la guerra contro Cartagine non nasce dalla differenza ma dall’eccessivo e tragico amore tra simili. Didone soccombe al destino ma le sue ragioni sono raccolte e tramandate.  Anche Turno ed Enea combattono una guerra tra popoli sostanzialmente simili tra loro. I due combattono una guerra che è nata da un tragico errore voluto dalle forze demoniache: è una guerra fratricida. Turno deve morire, ma solo perché così vuole il destino. Da superbo è diventato supplice e ciò deve valergli il perdono di Enea. Ma Enea, in uno slancio d’ira, alla vista della cintura del giovane Pallante, trafigge senza pietà il nemico.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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