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La Pharsalia di Lucano - il quadro dell'opera

L’opera tendeva un po’ a colorire i protagonisti ma in generale rispettava i canoni di affidabilità storica. In generale si pone come modello diametralmente inverso dell’Eneide virgiliana. È una sorta di antiracconto epico: Virgilio aveva coperto con un velo di giustificazionalismo sacrale – celebrativo l’avvento tirannico di Augusto e gli orrori della Res Publica; Lucano vuole invece raccontare con sostanziale fedeltà una storia recente e ben documentata, l’oggetto vero della storia, questo spiega la totale assenza di interventi divini,scelta che aveva scandalizzato la critica antica.
Ma la Pharsalia non è solo un’anti – Eneide. Lucano aveva un rapporto profondo con lo scrittore del principato proprio perché gli somigliava: entrambi ambigui e complessi ma l’uno più radicale e pessimista che dell’altro. Se Virgilio si concedeva dei semplici dubbi sulla funzione della provvidenza divina, Lucano distrugge ogni illusione: ogni speranza di salvezza, di provvidenzialità è definitivamente sparita. Ma la Pharsalia non si riduce a “semplice” rivisitazione in chiave pessimistica dell’Eneide virgiliana. Essa è un vero e proprio antimito di Roma. Se Virgilio cantava l’ascesa della città da piccolo centro di umili origini, Lucano cantava il suo tracollo, l’inarrestabile decadenza di cui è ormai preda. Alle profezie positive che riceve Enea dalla sibilla e dal padre Anchise subentrano le profezie di sciagura del soldato richiamato in vita dalla terrificante maga Erittone. Gli antichi nemici di Roma gioiscono negli Inferi perché l’empio e degenere Pompeo condannerà ben presto Roma alla distruzione. Se la gens Iulia in Virgilio era la stirpe che avrebbe risollevato le sorti di Roma la gens Pompeiana in Lucano condannerà Roma  alla sconfitta. Lo stesso Pompeo è il rovesciamento negativo di Enea.È stato notato come il pessimismo di Lucano si accentui man mano che ci si addentra nell’opera. In effetti l’iniziale elogio di Nerone, visto come vero e provvidenziale messia della storia di Roma, corrisponde ad una reale fiducia nei confronti dell’imperatore, considerato superiore ad Augusto stesso. Il progetto sembra simile a quello dello zio Seneca.  Ma, come per Seneca, la successiva politica neroniana disincanta Lucano e lo convince a smascherare gli avvenimenti “sacralizzati” dell’epoca repubblicana rivelandoli in tutta la loro tragicità, in tutta la loro ineludibile realtà storica. Nerone scompare dalla scena e Pompeo e Cesare vengono dipinti con gli stessi toni di critica, specie Cesare, degno predecessore dell’infame Nerone.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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