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Publio Terenzio Afro e il teatro



PUBLIO TERENZIO AFRO  → 195/185 a.C. Cartagine – 159 a.C. Roma
La principale fonte riguardo alla sua vita è costituita dalla biografia scritta da Svetonio intorno al 100 d.C., contenuta nell’opera “De viris illustribus”. Si diceva fosse nato a Cartagine nel 185 a.C., ma le sue origini più che puniche dovrebbero essere libiche, in quanto era piuttosto improbabile il commercio di schiavi nel periodo di pace tra la prima e la seconda guerra punica. Terenzio, infatti, giunge a Roma come schiavo. Il ragazzo entrò sia per la raffinatezza dell’ingegno sia per la bellezza della persona, nelle grazie del suo padrone –Terenzio Lucano- un senatore. Lucano gli diede un’educazione signorile e presto gli diede la libertà; Terenzio ebbe così aperte le porte delle più illustri case e visse nella familiarità di molti nobili, specialmente di Scipione l’Emiliano, suo coetaneo, e di Lelio, di poco maggiore. Le sue opere, molto elaborate ed eleganti, sono apprezzate negli ambienti aristocratici ma gli precludono un successo di pubblico pari a quello di Plauto. I Romani preferiscono gli spettacoli sportivi dei giocolieri alla rappresentazione delle sue commedie; tuttavia Terenzio vive con orgoglio d’artista il suo “insuccesso” popolare, al punto da vantarsi quando gli spettatori abbandonano il teatro ove si rappresenta La suocera per recarsi a vedere un equilibrista ed altri giochi gladiatorii. Raggiunta una certa fama, Terenzio, parte per la Grecia allo scopo di recuperare personalmente gli originali che intende rielaborare, ma durante il viaggio di ritorno, quest’ultime vanno disperse durante un naufragio, pare, ben trentotto commedie di Menandro già tradotte. Terenzio si salva, ma muore poco dopo nel 159 a.C., all’età di trent’anni.
Il teatro di Terenzio.

Da fine artista quale era, Terenzio non volle comunicare al suo pubblico per mezzo dei prologhi nulla dell’opera. Il prologo diventava portavoce e difensore degli ideali artistici del poeta. Quindi, rompendo tra l’azione ed il prologo ogni legame interiore, preferì sfruttare quest'ultimo - dopo aver annunciato al pubblico il titolo della commedia e quello dei suoi originali greci- per chiarire il rapporto con i modelli greci originali e, soprattutto,   per la polemica letteraria col vetus e malevolus Luscio Lanuvino, che accusava Terenzio di avere contaminato molti originali greci e di essere soltanto un prestanome. Le commedie secondo Lanuvino erano opera degli amici del Circolo degli Scipioni, Terenzio era solo un prestanome. E se questa situazione da un lato gratificava Scipione e i suoi amici, dall’altro delegittimava la personalità di Terenzio come autore. Il commediografo latino si limita ad appellarsi al giudizio del pubblico, forse perché preoccupato di inimicarsi i potenti amici del circolo Scipionico. Ma il prologo terenziano contiene anche alcune dichiarazioni di poetica di grande interesse; infatti, Terenzio nella sua polemica contro Luscio Lanuvino, accusa quest’ultimo di avere messo in scena “un servus currens accompagnato da un popolo che gli fa strada”. Questa critica non è da interpretare come una semplice schermaglia ma come una vera e propria dichiarazione d’innovazione teatrale; le commedie di Terenzio sono statariae, contenenti in pratica solo dialoghi.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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