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La letteratura delle Isole greche (1400-1669)



Nelle isole l’opposto fenomeno di una letteratura che non si alimenta di una cultura greca circostante, ma nasce da spontanee esigenze di vita, o trae i suoi impulsi da opere della letteratura italiana, o attinge le linfe vitali alla forza perenne dell’ispirazione popolare, anche quando ricalca modelli stranieri.
Cipro.
L’opera più rappresentativa della letteratura cipriota è la cronaca di Leonzio Machieràs, intitolata “Splanamento del dolce paese di Cipro”. L’autore è un cipriota che visse nella prima metà del secolo XV, ed ebbe alcuni incarichi da parte dei suoi sovrani. L’amore per l’isola natale e la ingenua semplicità dell’autore sono il particolare aroma di questa cronaca, la cui efficacia narrativa e descrittiva è assai grande. Minuzia e precisione di particolari contrassegnano la cronaca vera e propria, che è quella nella quale sono riferiti gli eventi più vicini all’autore, dei quali egli o fu testimone o ne poté attingere dagli anziani. La narrazione inizia col regno del grande Costantino e della madre Elena, che ripopolarono l’isola rimasta deserta, dopo aver riconsacrata con le sante reliquie della Croce ritrovata. È presente ogni sorta di ingenuità stilistica.
Più in alto ci solleva la poesia popolare di Cipro, anche essa nel singolare dialetto greco dell’isola. Ricordiamo tra essi il notevole gruppo di canti acritici e alcuni canti storici, fra cui la singolare “Canzone di Arodafnusa”, che, ispirandosi a fatti di cronaca della corte dei Lusignano, ci presenta il drammatico amore del re Pietro II per una dama di corte perseguitata dalla gelosa regina.
In questi anni, l’influenza della cultura italiana attraverso Venezia persiste a Cipro nonostante la conquista turca (1571-1878).
Rodi.
Gli Ospedalieri di San Giovanni tennero Rodi per secoli, in quanto baluardo fortificato contro lo straripare del Turco.
Se l’ordine dei Giovanniti sia stato anche veicolo di influssi letterari occidentali verso la popolazione neogreca dell’isola, e quali siano stati i rapporti tra questa e i signori del luogo, non sappiamo dire. Nel “Pulològos” c’è uno spunto satirico per l’Ordine, che fa riferimento ad una gallina in lite col tacchino.
Di Emanuele Georgilla ci sono giunti un carme sulla nota leggenda di Belisario e un componimento su “La peste di Rodi”, descrizione e compianto della pestilenza che travagliò l’isola nel 1498 e nel 1499.
Creta.
Tra cretesi e veneziani si era avviata una pacifica convivenza, che, favorita anche dalla tolleranza religiosa e dalle unioni matrimoniali, giungeva alla progressiva assimilazione degli uni con gli altri. L’isola aveva raggiunto anche un notevole benessere.
Le prime manifestazioni letterarie hanno un carattere spontaneo e locale. Quando Costantinopoli cade, un ignoto cretese, in carme dal titolo “Anàklima (cioè Lamento) di Costantinopoli” esprime i sentimenti dell’isola di fronte all’avvenimento.
Questa espressione di nazionalismo cretese, non incompatibile col dominio veneto, è un segno della maturità spirituale dell’isola e della sua coscienza storica di fronte all’avvenimento.
Agli inizi del secolo XV appartiene il lungo carme anonimo “Sull’espatrio”, che in versi politici non rimati, svolgendo un tema caro alla poesia popolare neogreca, deplora i mali dell’esule in terra straniera. Greco di Creta e ortodosso, tra le mura del carcere – dove lo hanno condotto le calunnie e i raggiri di una donna, che gli attribuisce la paternità di un bambino illegittimo – Leonardo Della Porta, come Boezio, si consola filosofando, con un carme autobiografico-didattico di 3166versi. In un immaginario colloquio con la Verità personificata, l’autore si duole, si confessa, e in qualche modo si conforta, con esempi tratti dalla storia e dalla leggenda. Il manoscritto ci conserva altri tre componimenti poetici, un’esortazione al pentimento per la morte vicina, una narrazione della Passione di Cristo e una preghiera a Cristo e alla Vergine. La lingua, fluida e abbastanza regolare, attesta l’esistenza di una tradizione letteraria nell’isola. L’autore, che ha studiato a scuola il greco e l’italiano, è un uomo di cultura. Si riconoscono nell’opera reminiscenze di Libistro e Rodamne. Il Della Porta deve essere nato nel 1340.
Per lo meno singolare che dalle stesse prigioni si levi, verso la fine del secolo, anche il “De profundis” dello scrittore cretese Stefano Sachlikis.
In tono tra il paneretico (esortativo, ammonitorio) e il satirico, egli occupa il tempo della prigione a mettere in versi le memorie della sua vita dissoluta e scapestrata. Dall’ozio al vizio il passo è corto. La passione del gioco e delle donne pubbliche lo condusse a dilapidare il suo patrimonio. Queste poesie risultano mediocri ma sono interessanti come specchio del costume.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA NEO-GRECA di Gabriella Galbiati
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