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Il principio di uguaglianza


L’art. 3 cost. proclama il principio di uguaglianza. Il primo comma riguarda l’uguaglianza formale, il secondo quello di uguaglianza sostanziale.
Uguaglianza formale: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso razza lingua religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali. Il legislatore è vincolato a trattare in modo uguale situazioni uguali. Si tratta non di una uguaglianza assoluta ma relativa tendente al risolversi nel divieto di arbitrarie discriminazioni tra soggetti che si trovino in situazioni identiche o affini così come arbitrarie assimilazioni tra soggetti che si trovino in situazioni diverse. Quanto al fattore religioso che rientra nel nucleo forte dell’uguaglianza, esso vieta: ogni discriminazione diretta (che si crea allorchè vengano creati atti normativi che producano un effetto pregiudizievole creando una preferenza, esclusione, distinzione tra individui fondata sulla religione). Ogni discriminazione indiretta (che consiste in ogni trattamento pregiudizievole conseguente l’adozione di atti normativi che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore gli individui in ragione della loro appartenenza religiosa e tendano a raggiungere obiettivi non prescritti del dettato costituzionale.
Uguaglianza sostanziale: l’art 3 attribuisce alo stato il compito di rimuovere gli ostacoli che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana.

Tratto da MANUALE BREVE DI DIRITTO ECCLESIASTICO di Filippo Amelotti
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