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Le sopravvenienze attive


Alla nozione di sopravvenienza attiva la normativa tributaria riconduce due diverse tipologie di situazioni. Si vuole perciò distinguere le sopravvenienze attive in senso proprio dalle sopravvenienze attive per assimilazione.
Le prime derivano da eventi che modificano, provocando una variazione in aumento nel valore del patrimonio dell’impresa, gli effetti reddituali di operazioni contabilizzate in precedenti esercizi e quindi imputate al reddito in precedenti periodi d’imposta. Rientrano in tale nozione :
- I ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite o oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi;
- I ricavi e altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito di precedenti esercizi;
- La sopravvenuta insussistenza di spese, perdite o oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in prevendite esercizi.
L’area delle fattispecie che sono riconducibili alla figura della sopravvenienza attiva è delimitabile sulla base di due elementi. Il primo è rappresentato dall’evento sopravvenuto, il quale produce una variazione di segno positivo nelle conseguenze economiche di un’operazione rilevata contabilmente in un precedente esercizio. Il secondo è ravvisabile nella corrispondenza che deve sussistere tra la variazione ora indicata e un componente che ha concorso alla formazione del reddito d’impresa relativo ad un precedente periodo d’imposta. Il provento conseguito deve essere in grado di determinare una modificazione in quelle che avrebbero dovuto essere le sue ripercussioni sul processo formativo del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui l’operazione è stata rilevata, conducendo ad una elevazione del reddito medesimo. Spesso le sopravvenienze attive emergono nel lasso di tempo racchiuso tra il momento in cui sorge il credito o il debito e il momento dell’incasso o del pagamento. Tuttavia conviene precisare che il ricorso all’istituto della sopravvenienza attiva non può servire a superare una violazione del criterio della competenza, non può cioè servire ad aggregare al reddito di un periodo elementi che in base al criterio in questione avrebbero dovuto partecipare alla formazione del reddito in un periodo precedente, ma deve radicarsi su situazioni intervenute posteriormente alla chiusura del periodo d’imposta di competenza e modificative di rapporti, di assetti di interessi, considerati nella quantificazione del reddito relativo al periodo di competenza. Questa osservazione permette di tornare sulla valenza reddituale della emersione delle cosiddette “riserve occulte”. L’emersione di riserve occulte non dipende infatti da eventi che nel corso di un periodo d’imposta incidono sulla conformazione di un rapporto sorto e rilevato ai fini impositivi in un periodo precedente, ma si collega ad un mero mutamento della rappresentazione contabile che di quel rapporto viene offerta.
Rientrano nel novero delle sopravvenienze attive anche gli indennizzi, o i maggiori indennizzi, conseguiti a titolo di risarcimento del danno per la perdita o il danneggiamento di un bene non costituente bene-merce in un periodo d’imposta successivo a quello in cui la perdita o il danneggiamento si è verificato.
La seconda categoria di sopravvenienze attive è formata da incrementi di ricchezza a carattere straordinario, che però non si riconnettono a fatti che hanno influenzato il reddito d’impresa in precedenti periodi d’imposta e non vanno perciò a rettificare componenti positivi o negativi di reddito.
In questa categoria rientrano in primo luogo le indennità per risarcimenti, anche in forma assicurativa, ossia diversi da quelli conseguiti per la perdita o il danneggiamento di beni relativi all’impresa.
Rientrano poi i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o liberalità, ad esclusione di quei contributi che costituiscono ricavi e di quelli che sono erogati per l’acquisto di beni ammortizzabili, il cui importo si imputa a riduzione del costo del bene acquisito.
L’imputazione di questi proventi segue il criterio di cassa, e non quello di competenza (valevole invece per i contributi costituenti ricavi), infatti, essi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati. L’imprenditore è tuttavia autorizzato a ripartire la sopravvenienza in un numero di periodi variabile da un minimo di due a un massimo di cinque. Detta sopravvenienza può infatti concorrere a formare il reddito in quote costanti nell’esercizio in cui è stata incassata e nei successivi, ma non oltre il quarto. Questa disciplina, che implica un’imputazione per cassa, ed una ripartizione in un massimo di cinque periodi d’imposta, non dovrebbe essere derogata dal rinvio ai criteri di imputazione temporale previsti dai pci operato all’art. 83. Dovrebbe dunque applicarsi anche ai contributi in conto capitale conseguiti dalle società che adottano i pci, quando non contabilizzati a riduzione del valore contabile dei beni acquisiti o costruiti in relazione ai quali sono stati erogati.
Un contributo è destinato a partecipare alla formazione del reddito d’impresa. L’unica eccezione è costituita dalla fattispecie descritta nell’art. 88 c. 4, il quale esclude dalla nozione di sopravvenienza attiva i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti commerciali soggetti ires, dai propri soci e associati, e la rinuncia da parte di questi ultimi ai crediti verso la società o associazioni predette. La disposizione in esame copre qualsiasi attribuzione patrimoniale, effettuata a favore della società dai suoi soci, per la quale non è stabilito un obbligo di restituzione a carico della prima.
Si può dunque tracciare una linea di demarcazione tra quelle attribuzioni patrimoniali che provengono “dall’interno” dell’organizzazione beneficiaria, e che sono da giudicare ininfluenti sul suo reddito, e quelle attribuzioni patrimoniali che la contrario provengono “dall’esterno” dell’organizzazione, e che invece ricadono nel computo del reddito. Provengono inoltre dall’interno e vengono dichiarate ininfluenti sul reddito della società, i sovrapprezzi di emissione delle azioni o quote e gli interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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