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L’ascolto attivo


La mente dell’uomo pensa alla velocità di almeno 1000 parole al minuto; mentre la maggior parte delle persone parlano alla velocità di sole 125 parole al minuto. Il problema dell’ascolto sta nel fatto che si può ascoltare pur avendo tempo “disponibile alla mente” per pensare. Proprio a causa di questo tempo extra per pensare è necessario voler ascoltare meglio, senza permettere che l’attenzione mentale sfugga verso pensieri non pertinenti o venga catturata da distrazioni. Quando altri parlano con noi, spesso ci accade di leggere nel loro pensiero, anticipare le conclusioni del discorso e riteniamo di dare un senso alle cose che l’altro sta per dire. Esiste un semplice esperimento che consiste nell’arrestare la conversazione; l’interlocutore esprimerà il suo parere solo dopo aver riassunto con esattezza e fedeltà le idee e il pensiero di chi ha parlato prima. Una volta riusciti a capire il punto di vista degli altri ci si accorge che  anche il proprio intervento ha bisogno di essere ridimensionato, che il calore della discussione si placa e le divergenze si riducono, assumendo un carattere razionale e comprensibile.
L’elemento catalizzatore. Una terza persona, che sia in grado di mettere da parte i suoi sentimenti e valutazioni quando la tensione emotiva sia un ostacolo alla comprensione tra due parti opposte. Questo esperimento è stato utilizzato nel caso di piccoli gruppi divisi da atteggiamenti polemici o antagonistici.

Regole per ascoltare. Il dialogo si produce quando colui che parla vuole essere sincero nei confronti di un altro che lo vuole ascoltare (che cioè non cede alla tentazione di interrompere il discorso per piazzare le proprie parole) e quando si cerca una reciproca comprensione (cosa che implica l’interessamento alle altrui parole mettendo tra parentesi i propri interessi).

Regole:
* definire chiaramente l’obiettivo che si vuole perseguire, e tentare di individuarne le conseguenze che potrà avere sul ricevente;
* avere chiaro il messaggio da trasferire;
* migliorare la conoscenza di se stessi per evitare di essere vittima di pregiudizi;
* conoscere meglio le caratteristiche degli interlocutori;
* fare attenzione alle proprie aspettative
* possedere il giusto linguaggio e saperlo adattare alla lunghezza d’onda degli interlocutori;
* fare domande opportune per aprire il dialogo, acquisire informazioni;
* limitare il tempo del proprio intervento;
* non completare mentalmente ciò che sta dicendo chi parla, ma trarre conclusioni solo dopo aver ascoltato tutto fino in fondo, eventualmente verificando con il feedback;
* ascoltare il messaggio, non solo le parole;
* essere attenti al linguaggio del corpo e osservare quello degli altri;
* osservare la mimica e i segni di stanchezza;
* cogliere le reazioni non verbali, quali le idee, le motivazioni;
* osservare il tono di voce di chi parla e i sentimenti con cui viene espresso il messaggio;
* reagire ai messaggi e non alle persone, accantonare i giudizi nei confronti di chi parla;
* evitare di essere difensivi: accantonare parte della propria competitività.

La curva dell’attenzione. Colui che deve comunicare deve imparare a capire quando la curva dell’attenzione di chi ascolta entra nella fase discendente; è opportuno quindi collocare i concetti fondamentali del messaggio nella fase di massima attenzione e sospendere la comunicazione quando l’attenzione è di molto scemata.

L’uso delle domande. Saper fare buon uso delle domande è essenziale per realizzare un processo di comunicazione per approfondire le conoscenze, per scoprire risvolti imprevedibili, per tranquillizzare gli interlocutori, etc.
Un piccolo grande accorgimento per confezionare domande sta nell’impadronirsi di alcuni interrogativi quali: Chi? Cosa? Come? Quanto? Quando? Dove? Perché?

Tratto da MANUALE DI SOCIOLOGIA di Alessia Chiovaro
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