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Sicurezza e gestione del rischio in sanità. una prospettiva sociologica


Quando si parla di sicurezza c'è una circolarità del rapporto tra conoscenze professionali e implicazioni di senso comune. Le distinzioni sicurezza/insicurezza, sicurezza/rischio, sicurezza/pericolo, ci pongono di fronte ad un problema ancestrale, quello della sopravvivenza e della salvaguardia della nostra incolumità.
Di sicurezza si parla riguardo a molteplici ambiti del vissuto personale e sociale.
Per quanto attiene all'ambito sanitario il concetto di sicurezza viene ancorato, innanzitutto, alle dinamiche di gestione del rischio, intendendo per rischio quell'elemento in grado di causare perdite di carattere economico per l'azienda sanitaria. Siccome gran parte dell'attività sanitaria è rappresentata dai processi di cura, l'ambito di interesse riguardo al rischio sembra concentrarsi soprattutto nell'errore medico.
I primi interventi di risk management si realizzano negli Usa come tentativo di ridurre l'entità dei ricorsi legali dei pazienti che hanno avuto “incidenti clinici” non previsti e verificatesi durante trattamenti sanitari a cui sono stati sottoposti e muove da una valutazione dei rischi connaturati all'attività medica.
Tale valutazione si è prima basata su studi epidemiologici relativi a fattori biologici, chimici e fisici su soggetti e popolazioni esposti ad agenti specifici. Solo recentemente si sono introdotti altri indicatori atti ad individuare le cause degli eventi, la loro concorsualità e le possibili conseguenze tenendo conto, nella determinazione dei rischi, di fattori come la gravità e la frequenza.
La prospettiva sociologica si pone in un'ottica opposta rispetto a quella attualmente in atto. Se la tendenza generale appare quella di catalogare, classificare ed ordinare l'errore e i margini di rischio in cui si verifica l'evento infausto, dal punto di vista sociologico il rischio di errore più elevato risiede proprio nell'osservare i processi di cura come categorie ipostatizzate senza entrare nella specificità di ogni relazione di cura che appare come una realtà sempre nuova, mutevole e distinta, poiché la mutevolezza e la specificità è propria dell'essere umano.
E proprio per questo motivo, fingere che l'essere umano risponda a regole precise che lo assimilano più ad una “macchina pensante”  che ad un “mistero con infinite possibilità”, può alimentare una visione a volte anche un po' semplicistica in un contesto come quello sanitario che, basandosi principalmente sulle relazioni umane, sfugge di per sé a quella standardizzazione tanto ricercata dai più accreditati approcci al risk management.
Nel valutare gli errori medici occorre tenere conto anche del fatto che il medico non è solo colui che presta la propria cura, ma è comunque un soggetto che, in questa società complessa, deve ridefinire costantemente la propria identità e la rappresentazione che ha di se stesso, entro una cultura che accoglie sempre più modalità di cura nuove o tradizionali, ma comunque alternative, integrate o complementari, alla medicina ufficiale; dall'altro lato la propria professionalità viene osservata, valutata, guidata, responsabilizzata nell'ambito di procedure di qualità e di certificazione del servizio che spingono verso una sistematizzazione di qualcosa che non sempre è inquadrabile in percorsi prevedibili.
La sicurezza si dovrebbe perseguire proprio aiutando il medico a ridefinire questa identità in un momento di incertezza e di complessità, evitando la chiusura di fronte alle nuove sfide.

Tratto da MANUALE DI SOCIOLOGIA DELLA SALUTE di Angela Tiano
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